Friedrich Hölderlin
Ma dove è il pericolo, cresce
Anche ciò che dà salvezza.
Anche ciò che dà salvezza.
Patmos
Colmo è di bontà. Ma nessuno comprende
Da solo Dio.
Ma dove è il pericolo, cresce
Anche ciò che dà salvezza.
Nelle tenebre dimorano
Le aquile, e senza paura vanno
I figli delle Alpi oltre l’abisso
Su ponti costruiti leggeri.
E dunque, poiché intorno al chiarore si accumulano
Le vette del tempo,
E i più cari dimorano vicini, languendo sulle
Più remote montagne,
Da’, acqua innocente,
Da’ a noi ali, per andare
E ritornare con il senso più fedele.
Ma terribile è in verità come ovunque
Senza fine Dio disperda ciò che vive.
Lasciare il volto
Dei cari amici
E andare oltre i monti
In solitudine, dove due volte
Curato, concorde
Fu lo spirito celeste. Ma tra loro vi fu
Rovina, e il tempio fu gioco del monte Moira E il colle dell’ira si infranse, allora, quando allontanandosi improvviso
Si volse a guardarli
Il Dio, e implorandolo
Perché si fermasse, come catturato, legato
A corde dorate,
Le mani si tesero nominando il male –
Friedrich Hölderlin
Da solo Dio.
Ma dove è il pericolo, cresce
Anche ciò che dà salvezza.
Nelle tenebre dimorano
Le aquile, e senza paura vanno
I figli delle Alpi oltre l’abisso
Su ponti costruiti leggeri.
E dunque, poiché intorno al chiarore si accumulano
Le vette del tempo,
E i più cari dimorano vicini, languendo sulle
Più remote montagne,
Da’, acqua innocente,
Da’ a noi ali, per andare
E ritornare con il senso più fedele.
Ma terribile è in verità come ovunque
Senza fine Dio disperda ciò che vive.
Lasciare il volto
Dei cari amici
E andare oltre i monti
In solitudine, dove due volte
Curato, concorde
Fu lo spirito celeste. Ma tra loro vi fu
Rovina, e il tempio fu gioco del monte Moira E il colle dell’ira si infranse, allora, quando allontanandosi improvviso
Si volse a guardarli
Il Dio, e implorandolo
Perché si fermasse, come catturato, legato
A corde dorate,
Le mani si tesero nominando il male –
Friedrich Hölderlin
“Nessun altro poeta dell’età moderna sembra esprimere nella stessa misura la tensione verso un linguaggio lirico assoluto, capace di nominare nella fragilità della parola il tutto della vita e della creazione; il dramma di un’esistenza votata alla potenza dell’arte, nella duplicità del suo fulgore e della sua vertigine distruttiva”,
Luigi Reitani
Luigi Reitani
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