sabato 31 ottobre 2015

realtà / finzione




Ho detto: o meglio, perché allora io avevo una sorta di religioso, e superstizioso, amore e terrore delle parole (che mi è rimasto poi a lungo), sulle quali concentravo tutta la carica di realtà, invero scarsa, che mi riusciva scoprire nei vari oggetti del mondo; più semplicemente, le parole erano quasi le mie sole realtà.

Ad ogni modo, come preoccupante, faticosa, minacciosa è la realtà; come è meglio ciò che non lo è! Somma è veramente la mia ripugnanza della, e alla, realtà; non solo, intendo, delle piccole e meschine cose che in prevalenza la costituiscono, ma della realtà in quanto dimensione

Tommaso Landolfi


Para Sempre





C.'playlist

Para Sempre - Thievery Corporation (Saudade 2014)
Quero você para sempre
Quero você meu amor
Quero você para sempre
Quero você meu amor

Eu vim de longe
Só pra te ver, meu amor
Não quero você mais assim
Tão longe de mim

Você me diz
Que não quer viver assim
Longe, longe
Não sabe se quer mais eu

Quero você para sempre
Quero você meu amor
Quero você para sempre
Quero você meu amor

É só você, meu bem, nesse mundo
Que eu quero adorar
Só você, fica comigo
Não quero ir sem você

Mas você me diz
Que não quer viver assim
Vou embora
Mas só com você

Eu vim de longe
Só para te ver, meu amor
Eu só quero você
Não quero viver mais assim

Mas você me diz
Que não quer ficar assim, comigo
Longe, longe de mim
Você não quer ficar assim
Longe, longe, longe
Não quero fica assim
Longe
 
Para Sempre - Thievery Corporation (Saudade 2014)

                   #ccompilation






forza e fragilità







quel fiore è rimasto









Quel fiore è rimasto perchè era vicino al cuore D.N.



uomini orrendi - persone orribili





nessuno può sapere che cosa sente un altro nei toccamenti e nei contatti, spesso è qualcosa di imprevedibile e si fanno scoperte strabilianti quando si tocca o si è toccati, quando si sfiora una coscia per puro caso (una gonna leggermente alzata) e la coscia non si ritira né si fa da parte, basta questo perché venga da toccare di nuovo, questa volta non piú per caso ma per ansia di constatazione e curiosità e desiderio improvviso, il desiderio non premeditato per il quale tante bellezze rimangono catturate da uomini orrendi o che al principio detestavano, la pelle è traditrice, la carne è sconcertante.
Javier Marias



maschere









twitter compilation





















decadenza





...Il "troppo" di questo nostro presente genera una condizione di (neanche tanto sottile) decadenza. L'idea cioè di un (de)cadere continuo, come di qualcuno che inciampa, va a terra, si rialza, casca di nuovo, e così via, senza trovare mai un appiglio, un'idea, una forma di vivere che gli consenta di non ripetere il triste rituale del (quasi compiaciuto) abbattimento al suolo. Sì, sarebbe necessario, a un certo punto, saper restare in piedi o - nell'impossibilità di farlo - non rialzarsi più. La caduta continua alla lunga stanca, e impedisce di trovare quell'equilibrio minimo che consente di vivere con una certa coerenza.
[...]
Clelia Mazzini - lettere dalla zona interdetta link esterno



se non torni



Se tu non torni - Miguel Bose
Se tu non torni Se tu non torni non tornerà neanche l'estate e resteremo qui io e mia madre a guardare la pioggia. Se tu non torni non torneranno neanche le rondini e resteremo qui io e mio padre a guardare il cielo. Se tu non torni non tornerà nemmeno il sole e resteremo qui io e mio fratello a guardare ai terra... ...Che era così bella quando ci correvi con un profumo d'erba che tu respiravi era così grande se l'attraversavi e non finiva mai. Così stanotte voglio una stella a farmi compagnia che ti serva da lontano ad indicarti la via così amore amore amore, amore dove. sei? Se non torni non c'è vita nei giorni miei. Se tu non torni non torneranno i bei tramonti e resterò con me a contemplare la sera... ...Che era così bella quando ci correvi con un profumo d'erba che tu respiravi era così grande se l'attraversavi e non finiva mai. Così stanotte voglio una stella a farmi compagnia che ti serva da lontano ad indicarti la via così amore amore amore, amore dove sei? Se tu non torni non c'è vita nei giorni miei. Se tu non torni - Miguel Bose



                  




Vorrei che la mia anima ti fosse leggera



Lieve offerta Vorrei che la mia anima ti fosse leggera come le estreme foglie dei pioppi, che s’accendono di sole in cima ai tronchi fasciati di nebbia – Vorrei condurti con le mie parole per un deserto viale, segnato d’esili ombre – fino a una valle d’erboso silenzio, al lago – ove tinnisce per un fiato d’aria il canneto e le libellule si trastullano con l’acqua non profonda – Vorrei che la mia anima ti fosse leggera, che la mia poesia ti fosse un ponte, sottile e saldo, bianco – sulle oscure voragini della terra. Antonia Pozzi 5 dicembre 1934


A volte.... è utile piangere!




Poesie dell'Adolescenza



Cosa ci vuole a piangere ? Perchè dei miei occhi non esce una lacrima? A volte il cuore non basta... Perchè devo stare silenziosa e muta, Senza dir niente... e, pensare, pensare, solo pensare... ma a cosa ? A che serve riflettere senza avere un motivo A che serve sentire il bisogno d'amore se non hai chi amare... a volte il cuore non è sufficiemnte. A volte.... è utile piangere! D.N. *** 8/7/83




con la fiducia che dai alle cose, come acqua che versi sulle mani



Voce di donna o nacqui sposa di te soldato. So che a marce e a guerre lunghe stagioni ti divelgon da me. Curva sul focolare aduno bragi, sopra il tuo letto ho disteso un vessillo - ma se ti penso all’addiaccio piove sul mio corpo autunnale come su un bosco tagliato. Quando balena il cielo di settembre e pare un’arma gigantesca sui monti, salvie rosse mi sbocciano sul cuore: che tu mi chiami, che tu mi usi con la fiducia che dai alle cose, come acqua che versi sulle mani o lana che ti avvolgi intorno al petto. Sono la scarna siepe del tuo orto che sta muta a fiorire sotto convogli di zingare stelle. Antonia Pozzi


Eppure io non vi lascio ancora,


Potrai tu sostenerti nel naufragio A quelle foglie galleggianti Che un vento lungo abbia strappato a riva? - Eppure io non vi lascio ancora, Tommaso Landolfi


il quieto vivere di un'anima nel rigoglio dei girasoli.



Di misura in misura di segno in segno il quieto vivere di un'anima nel rigoglio dei girasoli. E' la nostra primavera è il tempo del segreto e del rinascere del mio sogno che si perde nel mondo e del tuo che si riconcilia con il cielo. Siamo stati tutto quello che c'era da essere. Ora soli ognuno nella propria parte d'infinito ci limitiamo a comunicare nell'oscurità per ri-conoscerci ancora. Sappi che il mio silenzio è albergo del destino e il tuo è la voce che salva ciò che chiama. Gabriela Mistral


’espressione di una donna mentre la stai penetrando




Finché all’improvviso una schiena retrocedette, o fu spinta, verso una delle finestre, entrando cosí nel mio campo visivo. ...

Tenni lo sguardo fisso su quel punto, su quel rettangolo e non ci volle molto perché la schiena ricomparisse, e in effetti era come se la persona cui apparteneva fosse stata gettata contro i vetri con una certa violenza. Se era cosí, quello che non riuscivo a vedere era la persona che la costringeva a retrocedere, spingendola all’indietro. Mi allarmai, temetti che qualcuno la stesse maltrattando.....

mi resi conto che non riuscivo a staccare gli occhi per un secondo da quella finestra, dalla schiena di Beatriz che sbatteva piú forte contro i vetri, vi aderiva al massimo e poi se ne staccava leggermente, adesso non sfuggiva piú al mio campo visivo, come se non le lasciassero scampo e non le permettessero di fare un passo. «Forse la stanno picchiando, – pensai, – o spintonando, e a ogni spinta la schiacciano contro il davanzale, la mettono nell’angolo, alle corde come un pugile». Stavo per gridare e farmi scoprire, ma non so se mi avrebbe sentito.....

Ero stato vittima della mia ingenuità, per perderla ci vogliono molti piú anni di quelli che avevo allora, ammesso che arriviamo mai a perderla del tutto, noi che siamo di indole fiduciosa. Dopo un attimo capii che cosa stava succedendo: qualcuno – un uomo – se la stava scopando o le si strofinava e premeva contro già pronto a penetrarla, in piedi, senza preliminari, vestita, forse senza toglierle un solo indumento, alla svelta o alla disperata, come si suol dire, di certo avevano pochissimo tempo prima che tornassero i custodi del tempio, approfittavano di un momento in cui sapevano che il luogo per qualche motivo era deserto. Vedevo la schiena di Beatriz dalla vita in su, o nemmeno quello, la parte superiore del torso e la nuca ottocentesca, quel giorno portava i capelli raccolti a chignon. L’energumeno che la abbrancava o la infilzava – un verbo che non mi piace, ma che può essere quello giusto – era piú lontano dalla finestra, ovviamente, e inoltre lei con la sua corporatura robusta lo nascondeva, era un po’ larga di spalle, meno che di fianchi, per fortuna. Lui era invisibile, un fantasma, non se ne scorgeva nulla, neppure un capello. Ma non ebbi piú alcun dubbio circa quello che succedeva quando Beatriz a un tratto si girò e si chinò in avanti, mi parve che le sue mani si appoggiassero al bordo inferiore della finestra o forse al davanzale, o vi si aggrappassero. Invece delle spalle e della nuca, le vidi il volto, ora solamente il volto e il collo, del corpo nulla, e mi presi un terribile spavento: cosí come io da sotto la vedevo, lei poteva vedere me da sopra.

Beatriz aveva gli occhi chiusi, ben stretti, non guardava fuori né altrove, era assorta in se stessa, pensai, nelle sue sensazioni. Immaginai che l’uomo, facendola girare, le avesse alzato la gonna – ora non piú ondeggiante, se non forse in un altro senso – e le avesse abbassato calze e mutandine fino a mezza coscia per penetrarla con un minimo di comodità, data la scomodità relativa della posizione eretta di entrambi, soprattutto di lui, perché lei doveva essersi piegata

Fui assalito da un senso di pudore, pur sapendomi abbastanza al riparo dietro il tronco, ne sporgevo appena, guardando con un occhio solo. Non era piú il timore di essere scoperto, ma il senso di colpa per quello spionaggio e per l’essermi trovato a vedere quello che stavo vedendo: la faccia di Beatriz durante quello che immaginavo fosse un orgasmo, o piú di uno, o che ne so, un preorgasmo, non sono mai stato molto bravo a distinguerli, le donne tendono alla concatenazione e non sono quasi mai nitide, e poi si dice che fingano benissimo, per di piú non vedevo altro che il volto isolato, incollato al vetro, come uno strano ritratto con gli occhi molto serrati, non credo ne esistano nella storia della pittura – quando viene dipinto o disegnato un dormiente o un morto le palpebre non fanno pressione, sono in riposo –, non potevo scorgere l’eventuale accelerazione dei movimenti né il probabile agitarsi e fremere delle membra, né ovviamente udire nulla, né un gemito né un ansito né una parola, ammesso che lei ne pronunciasse – non sembrava –, in quei frangenti ci sono persone che parlano e si incitano, o addirittura dicono oscenità poco credibili rischiando di riuscire ridicoli o fastidiosi, come se recitassero per il loro testimone unico o per se stessi, alcuni dicono frasi scherzose, ma ce ne sono che si concentrano e tacciono. E poi ci sono quelli che chiudono gli occhi ben stretti per aiutarsi a immaginare di essere con un’altra persona, diversa da quella che li abbraccia o li tiene fermi o li fruga, mi domandai se fosse cosí, se Beatriz fantasticasse in quegli istanti su Muriel lo schivo o se avesse ben chiara e presente l’identità dell’individuo con cui si stava accoppiando, nulla doveva esserci tra i loro sessi, a quei tempi non si prendevano precauzioni, l’Aids in Spagna non era ancora conosciuta, forse nemmeno nel mondo.

Sí, provai vergogna però guardai a lungo il volto dietro la finestra, in certi momenti quasi premuto contro il vetro – un alone di vapore –, a volte è difficile determinare da che cosa dipenda l’espressione di una donna mentre la stai penetrando, si presume che sia di piacere ma può sembrare di dolore (ti fermi e scruti e domandi: «Stai bene? Ti faccio male?»), o perfino di disperazione o profonda sofferenza o amarezza, a volte ho sospettato che una donna stesse con me in quella circostanza cosí intima solo per mitigare la sua tristezza, o per vendicarsi di un altro che non l’avrebbe mai saputo (pensando curiosamente «Se lo sapesse», invece che «Quando lo saprà», come se non vi fosse la minima possibilità di raccontarglielo), o per lenire la solitudine del suo letto afflitto, o perfino per svilirsi fino in fondo nell’immaginazione e sentirsi viscida e sozza e traditrice, momentaneamente, illusoriamente, dura pochissimo la sensazione del fango, svanisce in fretta, il giorno dopo non ne resta piú traccia e si è di nuovo puliti come prima, la pulizia è persistente, quasi tutto si può lavare. Talvolta ho sospettato di essere solo una macchina, una pedina, uno strumento. L’espressione di Beatriz poteva significare qualunque cosa e io non ero lí con lei, non potevo fermarmi e chiederle: «Stai bene? Ti faccio male?» Perché non ero io quello che glielo faceva, ammesso che gliene stesse facendo..........

Javier Marias *** Così ha inizio il male



la delicatezza



La delicatezza, leggera come un soffio di vento, delicata come una piuma, non scuote l'altro, non lo ghermisce, non gli fa violenza, ma delicatamente lo avvolge, lo sfiora, lo abbraccia. Ada Ferrante


Musica: Tu straniera. Tu spazio del cuore



Alla musica Musica: respiro delle statue. Forse: silenzio delle immagini. Tu lingua ove le lingue cessano. Tempo a picco sul corso dei cuori che passano. Sentimenti per chi? Tu metamorfosi dei sentimenti in che? -: in paesaggio udibile. Musica: Tu straniera. Tu spazio del cuore cresciuto oltre di noi. Tu a noi il più intimo che, superandoci, di là da noi trabocca – sacro addio: poiché il nostro Intimo ci sta intorno come la più frequentata lontananza, come altra faccia dell’aria: pura, immensa, non più abitabile. Rainer Maria Rilke


venerdì 30 ottobre 2015

leggerezza




Come la melanconia è la tristezza diventata leggera, cosi lo humour è il comico che ha perso la pesantezza corporea
Italo Calvino
               A sepal, petal, and a thorn 
               Upon a common summer's morn 
                A flask of Dew - a Bee or two  
                A Breeze 
                a caper in the trees 
               And I'm a Rose! 

               Un sepalo e un petalo e una spina
               in un comune mattino d'estate,
               un fiasco di rugiada, un'ape o due,
               una brezza,
               un frullo in mezzo agli alberi -
               ed io sono una rosa!
               Emily Dickinson
Un senso come di leggerezza...
@_ironica_1



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