giovedì 4 luglio 2019

Non mi pento di niente

Gioconda Belli

ma nei pozzi scuri in cui sprofondo
al mattino, appena apro gli occhi,
sento le lacrime che premono, nonostante
la felicità che ho finalmente conquistato,
rompendo cappe e strati di roccia

Non mi pento di niente
Dalla donna che sono
mi succede, a volte, di osservare
nelle altre, la donna che potevo essere;
donne garbate esempio di virtù,
laboriose brave mogli, come mia madre
avrebbe voluto. Non so perché
tutta la vita ho trascorso a ribellarmi a loro.
Odio le loro minacce sul mio corpo
la colpa che le loro vite impeccabili,
per strano maleficio mi ispirano;
mi ribello contro le loro buone azioni,
contro i pianti notturni sotto il cuscino,
contro la vergogna della nudità sotto
la biancheria intima, stirata e inamidata.
Queste donne, tuttavia, mi guardano
dal fondo dei loro specchi;
alzano un dito accusatore
e, a volte, cedo al loro sguardo di biasimo
e vorrei guadagnarmi il consenso universale,
essere “la brava bambina”, “la donna
per bene”, la Gioconda irreprensibile,
prendere dieci in condotta
dal partito, dallo Stato, dagli amici,
dalla famiglia, dai figli e da tutti gli esseri
che popolano abbondantemente questo mondo.
In questa contraddizione inevitabile
tra quel che doveva essere e quel che è,
ho combattuto numerose battaglie mortali,
battaglie inutili, loro contro di me
– loro contro di me che sono me stessa –
con la psiche dolorante, scarmigliata,
trasgredendo progetti ancestrali, lacero
le donne che vivono in me
che, fin dall’infanzia, mi guardano torvo
perché non riesco nello stampo perfetto
dei loro sogni, perché oso essere quella folle,
inattendibile, tenera e vulnerabile
che si innamora come una triste puttana
di cause giuste, di uomini belli e di parole giocose
perché, adulta, ho osato vivere l’infanzia proibita
e ho fatto l’amore sulle scrivanie nelle ore d’ufficio,
ho rotto vincoli inviolabili e ho osato godere
del corpo sano e sinuoso di cui i geni
di tutti i miei avi mi hanno dotata.
Non incolpo nessuno. Anzi li ringrazio dei doni.
Non mi pento di niente, come disse Edith Piaf:
ma nei pozzi scuri in cui sprofondo
al mattino, appena apro gli occhi,
sento le lacrime che premono, nonostante
la felicità che ho finalmente conquistato,
rompendo cappe e strati di roccia
terziaria e quaternaria, vedo le altre donne
che sono in me, sedute nel vestibolo
che mi guardano con occhi dolenti e mi sento
in colpa per la mia felicità.
Assurde brave bambine mi circondano
e danzano musiche infantili contro di me;
contro questa donna fatta, piena,
la donna dal seno sodo e i fianchi larghi,
che, per mia madre e contro di lei, mi piace essere.

 
Gioconda Belli

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