sabato 21 marzo 2015

il significato ambiguo della parola "Amore" - 1

il significato ambiguo della parola "Amore"

quando invece una parola d'uso corrente viene intesa dalla gente in molti modi diversi, vuol dire che qualcosa non va: è una parola debole, che non riesce a precisare ciò che indica, perché alcuni o tutti i suoi significati costituiscono, per il sentire comune, problemi irrisolti che non si ha voglia di definire.

1. Usiamo questo termine per indicare il sentimento che lega i figli ai genitori e i genitori ai figli, e i fratelli tra loro. Di tutti questi nostri parenti è bello dire che li amiamo. E osserviamo che «amore», in questa accezione filiale, materna, paterna e fraterna, è un sentimento attivo, caratterizzato da un senso di responsabilità nei confronti dei diretti interessati, che quanto più è avveduto, tanto più può dirsi intenso.

2. Ma in alcune lingue europee, come l'italiano, suonerebbe inopportuna la frase «io ti amo», se a dirla fosse una figlia al padre, o un figlio alla madre, o una sorella a un fratello. C'è infatti nella parola «amore» un altro versante, che esprime la passione dei sensi, e che se emergesse tra consanguinei susciterebbe il fondamentale orrore dell'incesto.

Questo tipo di «amore» appare, almeno per un verso, come il contrario del precedente: la passione, come dice la parola stessa, è per sua natura un sentimento passivo; averla è esserne presi, subirla senza riuscire a liberarsene. È quell'amore che ti costringe a comportamenti che contrastano con quel che sapevi e che si sapeva della tua personalità; ed è altresì deresponsabilizzante: fa «perdere la testa», nel senso che fa dimenticare i criteri consueti, imponendosi come un altro dispositivo decisionale, strambo, ma talmente imperioso che poi, quando è passato, viene spontaneo dire «Che potevo farci! Ero innamorato!» E non c'è essere umano che non sia disposto a considerare questa ammissione come una valida attenuante di tanti errori.

3. Ma la parola «amore» si usa anche per indicare un sentimento che lega due individui in un rapporto duraturo e prevalentemente sereno. I due che si amano in questa terza modalità, detta solitamente coniugale, possono non essere affatto passionali, piacersi senza perciò passare notti insonni, godere nel dormire abbracciati tanto quanto nel capirsi sempre più, anno dopo anno, sentendosi sempre più se stessi e sempre più saggi, l'uno con l'aiuto all'altro.

4. Poi, c'è l'«amore» inteso come orientamento sessuale: chi inclina per l'amore eterosessuale, chi per quello omosessuale, e chi, a fasi alterne o contemporaneamente, per entrambi.

Va d'altronde segnalato, a questo riguardo, un cambiamento intervenuto dapprima in psicologia e poi nel sentire comune durante la seconda metà dell'Ottocento: fino ad allora, a venir definiti eterosessuali o omosessuali erano davvero gli amori come li abbiamo intesi nei due paragrafi precedenti, cioè le passioni o i legami; attorno al 1870, cominciarono a venir definite tali le persone: l'omosessualità fu intesa, da allora in poi, come «un'androginia interiore, un ermafroditismo dell'anima. L'omosessuale del XIX secolo è diventato un personaggio: un passato, una storia, e un'infanzia, un carattere, una forma di vita; una morfologia anche, con un'anatomia indiscreta e forse una fisiologia misteriosa. Nulla di quel che egli è complessivamente sfugge alla sua sessualità. Il sodomita era un recidivo, l'omosessuale ormai è una specie». L'eterosessuale, anche; e il bisessuale, un ibrido.

Ma poiché non trovo che tale trasformazione di un comportamento in un comparto psicofisico abbia ragioni sufficientemente fondate, in questo libro ci atterremo al significato che «amore omosessuale» aveva avuto prima di quel periodo.

5. In un senso molto meno determinante del precedente, con «amore» si indica anche una pratica sessuale che talvolta ci si permette: per esempio gli amori ancillari, o il cosiddetto amore mercenario. E abbiamo qui un quinto versante della parola, dato che si danno atti sessuali senza né vampe di passione né sentimento duraturo.

6. Con «amore» intendiamo anche il cosiddetto calore, il periodo, cioè, in cui le femmine degli animali superiori sono fertili e disposte all'accoppiamento: e questo è un altro versante, diverso da tutti i precedenti - dato che l'amore-passione non è affatto un'improvvisa predisposizione al coito, ma una focalizzazione del desiderio su una sola persona.

7. Un altro versante ancora è quello dell'«amore» inteso come vivo e prolungato interessamento non a qualcuno, ma a qualcosa: è il caso di chi «ama» un certo tipo di musica, o di alimento, o il teatro, gli scacchi, i viaggi, la ricchezza. A volte, le si definisce «passioni», ma naturalmente è solo una metafora: la passione è, dicevamo, obnubilante, mentre questi amori di qualcosa servono per lo più da stimolo all'intelligenza.

8. Abbiamo poi l'«amor proprio», che significa solamente orgoglio, ambizione piuttosto aggressiva, e costituisce perciò un versante a sé.

9. In tutt'altro ambito ci portano invece l'«amore» di Dio per l'uomo, o quello che viene raccomandato all'uomo di provare per Dio, amandolo «con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze» (Marco 12,30). Quest'ultimo, definito con tanta intensità, da un lato potrebbe assomigliare alla passione, ma senza implicazioni sessuali; e dall'altro esclude che si possa amare Dio come si ama tranquillamente il proprio coniuge, o i genitori, o un sesso più che un altro, o i viaggi e via dicendo.

10. E che dire dell'«amore» per il prossimo - ovvero per il connazionale, secondo il Vecchio Testamento, e per chiunque capiti d'incontrare, secondo il Nuovo?

Questo tipo di sentimento consiste nel ritenere il prossimo un amico (parola che deriva anch'essa da «amore») ma, certo, senza esserne innamorati: si sa che, quando vi interviene l'innamoramento, un rapporto di amicizia si dissolve, per diventare o un «amore» in qualcuna delle accezioni precedenti, o una situazione spiacevole. L'amore per il prossimo è inoltre qualcosa molto diverso dall'amore per la musica, dall'amore per il coniuge, dagli amorazzi, dal «calore», ed è l'esatto contrario dell'«amor proprio».

11. Infine, abbiamo l'«amore» come sinonimo di persona, animale o cosa bella, o anche soltanto carina - per esempio nell'espressione «Ma che amore che è Puffi!»

Igor Sibaldi

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

home