Era la Sonata per violino in sol minore del Tartini, meglio conosciuta come Il trillo del diavolo. Chi la stava suonando, lo faceva magnificamente.»
Teresa rimase sorpresa.
«Non sono un’esperta, ma so che è una delle prove tecnicamente più impegnative mai composte per un violino solista, una sonata di rara e ancora ineguagliata complessità» disse. «Chi era in grado di suonarla nella valle? Un’abilità simile non poteva passare inosservata.»
«Lo sa che cosa raccontava il Tartini al riguardo?»
Teresa scosse la testa.
«Che la sonata era nata da un sogno in cui lui aveva fatto un patto con il Diavolo. Lucifero aveva suonato per lui questo incredibile brano, con genialità e brillantezza che venivano direttamente dall’inferno. Al risveglio, Tartini cercò di trasferirla immediatamente su uno spartito, ma giurò sempre di non essere riuscito a replicarne la magnificenza. La sonata vide la luce esattamente diciassette anni dopo quel sogno maledetto.»
«È senz’altro una chiave di lettura suggestiva» considerò Teresa.
«I vecchi resiani presero questo aneddoto alla lettera. Dissero che era stato il Diavolo a rapire Aniza, a strapparla alla sua vita, ad averla portata con sé nei boschi e poi nel buio, quello immutabile, che non vede mai l’alba. Il suo trillo si sentì per alcune notti. Portato dal vento, prima vicino, poi lontano. Sembrava prendersi gioco di noi, della nostra fede, delle nostre ricerche. Si faceva beffe della nostra speranza di ritrovare Aniza ancora viva. Mio nonno disse che alla fine il diavolo fu magnanimo, perché non ci fece trovare il suo corpo. Ci lasciò uno straccio di speranza a cui aggrapparci, se proprio volevamo continuare a farlo.»
Ilaria Tuti - - - Ninfa dormiente
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