La Vinci in Stanza 411 continua nel suo stile: narra di una storia d’amore e come tutte le storie che hanno un inizio e una fine, non è una favola, è una storia reale, e nella realtà non si finisce quasi mai in “vissero felici e contenti”. Che la fine sia diversa dall’immaginario romantico lo capiamo subito, il tono è amaro, non lascia grandi slanci di speranza, è una storia raccontata da chi rimane. E di solito chi rimane è solo, cerca le parole per trovare nella narrazione un indizio, una forma di premonizione contenuta già nei primi incontri con l’altro: “Gli inizi raccontano già tutto, a saperli, e volerli, guardare”. Se leggete questo libro per cercare delle risposte scordatevelo, in questa storia non ci sono vinti o sconfitti, non si trova l’amore e non lo si perde. Lo si vive, e l’amore ha tante forme, anche quando lo neghiamo “l’amore sa travestirsi, convincerti di essere qualcos’altro. Si rivela a distanza di anni, in gesti che credevi di avere rimosso, in volti che credevi di poter dimenticare. E ogni volta, ci si reinventa una prima volta”.
Clery Celeste - rcensione di Stanza 411 - romanzo di Simona Vinci
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