Alberto Peretti
I ciechi che vediamo avanzare e cadere vivono ingabbiati in un misero eterno presente, concentrati
solamente sul passo che stanno compiendo. Privi di vista-memoria, misurano e vivono il cammino
solo attraverso la lunghezza del loro braccio o del loro bastone.
La memoria di sé è un elemento essenziale per vivere con pienezza la propria esistenza. A differenza di chi non “vede”, chi usa la “vista” interiore è invece consapevole di avanzare potendo periodicamente “osservare” e valutare la distanza fisica, temporale, psicologica che si frappone tra il suo stato attuale e la condizione di partenza.
Non è infatti la memoria dell’origine che dà il senso al viaggio? Che cosa sarebbe una meta senza percorso?
Coloro che avanzano “ciecamente” ci dice Bruegel camminano come automi e si trasformano in caricature: rinunciano infatti a dialogare con sé stessi e con gli altri, diventano sordi e indifferenti alle voci del mondo che li ricorda.
Senza la consapevolezza che il tempo e gli avvenimenti modificano la nostra identità, ci si chiude in sé stessi e si rischia di precipitare nel buio e nella trappola dell’incoscienza, di trattare sé stessi come creature rigide e fisse, gli altri come strumenti da usare e non come interlocutori per i quali provare comprensione e simpatia.
[...] La dimenticanza di sé e delle proprie scelte impedisce l’atteggiamento responsabile. Il primo cieco della fila infatti può essere ritenuto veramente responsabile della caduta dei suoi compagni? La sua cecità non lo assolve da qualsiasi responsabilità? L’identità, intesa come dignità morale e psicologica [...] è sovente un fardello pesante e impegnativo: implica infatti la piena responsabilizzazione nei confronti delle proprie azioni, il farsi carico in prima persona delle conseguenze delle proprie scelte. [...]
Alberto Peretti
Continuità nel tempo, dialogo con la memoria, formazione dell’identità
La memoria di sé è un elemento essenziale per vivere con pienezza la propria esistenza. A differenza di chi non “vede”, chi usa la “vista” interiore è invece consapevole di avanzare potendo periodicamente “osservare” e valutare la distanza fisica, temporale, psicologica che si frappone tra il suo stato attuale e la condizione di partenza.
Non è infatti la memoria dell’origine che dà il senso al viaggio? Che cosa sarebbe una meta senza percorso?
Coloro che avanzano “ciecamente” ci dice Bruegel camminano come automi e si trasformano in caricature: rinunciano infatti a dialogare con sé stessi e con gli altri, diventano sordi e indifferenti alle voci del mondo che li ricorda.
Senza la consapevolezza che il tempo e gli avvenimenti modificano la nostra identità, ci si chiude in sé stessi e si rischia di precipitare nel buio e nella trappola dell’incoscienza, di trattare sé stessi come creature rigide e fisse, gli altri come strumenti da usare e non come interlocutori per i quali provare comprensione e simpatia.
[...] La dimenticanza di sé e delle proprie scelte impedisce l’atteggiamento responsabile. Il primo cieco della fila infatti può essere ritenuto veramente responsabile della caduta dei suoi compagni? La sua cecità non lo assolve da qualsiasi responsabilità? L’identità, intesa come dignità morale e psicologica [...] è sovente un fardello pesante e impegnativo: implica infatti la piena responsabilizzazione nei confronti delle proprie azioni, il farsi carico in prima persona delle conseguenze delle proprie scelte. [...]
Alberto Peretti
Continuità nel tempo, dialogo con la memoria, formazione dell’identità
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