mercoledì 20 luglio 2016

Perchè uno scrive IV

Antonio Tabucchi - perchè uno scrive IV
A questo proposito, vorrei aprire una parentesi su un mio libro, perché io posso parlare solo della mia esperienza personale di scrittore. Ho fatto questa riflessione quando mi fecero un questionario a proposito di “Si sta facendo sempre più tardi”, che raccoglie – per chi non l’avesse letto – una serie di lettere, tutte maschili, che degli uomini hanno scritto a delle donne con cui hanno avuto un rapporto amoroso che non è finito molto bene, e serbano molti rancori perché possono anche aver lasciato tracce molto forti nella loro vita.
 
Poiché io non volevo scrivere un libro tradizionale, nel senso che non volevo scrivere un romanzo epistolare, le risposte delle destinatarie non ci sono in questo libro. Questo fa pensare che gli uomini che scrivono e che raccontano la storia, in fondo la raccontano dal loro punto di vista, non è mica detto che sia andata proprio così, anzi, io ne dubiterei fortemente...
 
Non ho scritto le lettere di risposta per due sostanziali motivi che riassumo: il primo è perché, francamente, per uno scrittore uomo è molto difficile, e forse anche un po’ arrogante, mettersi nell’universo femminile e assumerne il punto di vista, anche se io ho tentato perché ho scritto in quanto bambina, ho scritto come una madre a cui viene ucciso un figlio. Ho tentato di assumere un corpo femminile; è raro però che uno scrittore maschile riesca a scrivere da donna, forse i due grandi che ci sono riusciti e per i quali ho una grande stima, sono Flaubert con “Madame Bovary” e Tolstoj con “Anna Karenina”.
 
Prendiamo ad esempio una conversazione in cucina, per dire una piccolezza, tra una vecchia cuoca, un’altra che parla, una ha una nipote che deve sposarsi, l’altra ha appena avuto una bambina e una dice “Ah, poverina, pensa te”...Beh, Scusate il riassunto frettoloso, ma vedete, se uno scrittore riesce a parlare così, da donna, quello è un grande scrittore.
 
Prima difficoltà: mettermi in vesti femminili. Seconda difficoltà: volevo che il mio libro fosse semplicemente una mancanza di comunicazione, un insieme di disincontri, di gente che non si è trovata, perché la vita molto spesso è fatta così.
 
Se invece li mettevo a dialogare, riempivo i vuoti, mentre volevo fare un libro di assenze, perciò le lettere di risposta non le ho scritte. Ma le ho pensate. Posso confessare che a volte, dopo aver scritto una lettera dell’uomo, la sera andavo a letto e inevitabilmente rispondevo. Poi non ho avuto il coraggio di scriverle e non l’ho fatto. Ma il fatto di aver scritto la lettera prima, mi obbligava ad andare a prendere anche l’altro ruolo, e per lo meno mentalmente, tra me e me l’ho fatto, perché dicevo “beh, a questo mascalzone bisognerebbe dargli una risposta” e lo facevo, insomma. Ad alcuni, non tutti sono mascalzoni, altri magari hanno pure ragione, ma ce ne sono due o tre che sono veramente.. a quelli ho risposto, mentalmente. Allora, rispondendo al questionario che poi mi fecero su questo libro, avevo fatto questa riflessione – e premetto che quando uno scrive è un po’ tutti i suoi personaggi, non si può negare. Cervantes ad esempio, nello scrivere il Don Chisciotte, non è solo Don Chisciotte e Sancio Panza, è anche il barbiere, la sua nipote. Uno, quando scrive un romanzo, deve essere tutto, non è solo il capocomico, è tutta la compagnia. Ed io, quando ho scritto Pereira, non ero solo Pereira, ma dovevo anche essere il direttore del suo giornale, ho dovuto pensare come pensava il direttore. Però per quanto riguarda il libro in questione, io ho risposto così: “Per le destinatarie è la stessa cosa. Per quanto possa sembrare paradossale, in un certo modo sono stato anche quelle, perché le lettere che scrivevo mi ferivano come se le ricevessi io”.
 
Scrivendo questo libro ho creduto di capire un verso di Baudelaire che mi era sempre rimasto oscuro:
“Sono stato lo schiaffo e la guancia”.

 

..penso che ti scriverei che non sapevo che il tempo non aspetta, davvero non lo sapevo, non si pensa mai che il tempo è fatto di gocce, e basta una goccia in più perché il liquido si sparga per terra e si allarghi a macchia e si perda. E ti direi che amo, che amo ancora, anche se i sensi sembrano stanchi, perché lo sono, e quel tempo che era così rapido e impaziente, ora è lunghissimo da passare in certe ore del pomeriggio, soprattutto sul fare dell’inverno..

Antonio Tabucchi - si sta facendo sempe più tardi




Antonio Tabucchi
tabucchi alla Sagarana link esterno
 

Nessun commento:

Posta un commento

commenta questo post

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

home