lunedì 21 novembre 2016

ho chiuso gli occhi e con due dita ho iniziato ad accarezzarmi


Elena Stancanelli


L’ultima volta che mi sono svegliata ero a letto. Non avevo idea di come ci fossi arrivata, ma ero a letto vestita. Lentamente mi sono alzata e sono andata in bagno per fare una doccia. Mi sono spogliata. Mi sono guardata nello specchio intero. Da quanto tempo non lo facevo? Avevo gli occhi gonfi e la pelle di un colore terribile. Mi ricordo una ruga profondissima che tagliava la fronte, così profonda che col dito non riuscivo a spianarla. Avevo i capelli corti. Me li ero tagliati quando Davide se n’era andato la prima volta. Non mi riconoscevo. Li ho sempre portati lunghi.
[...]
Mi sono guardata nello specchio e ho pensato non sono più Anna. Non sono più la fidanzata di Davide, un po’ goffa, sempre struccata. Sempre un passo indietro, perché fosse la sua bellezza a raccogliere attenzione. Era Davide quello bello.

La bellezza di Davide, era questa la causa di tutto?
Accarezzavo il mio seno piccolo, la pancia, la mia fica depilata come quella di una bambina. La mia fica liscia, la pelle chiarissima intorno, morbida e vulnerabile come nessun’altra parte di me. La mia pancia piatta, i muscoli sui fianchi disegnati come quelli di un’atleta.
Eppure quell’ultimo triangolo, appena sopra lo spacco tra le cosce, rimaneva leggermente arrotondato. Una piccola curva sopra le due mezze albicocche scure e il clitoride rosa al centro. Ma in piedi davanti allo specchio non vedevo niente tranne la superficie della pelle, chiara. Ero come una bambola.

Quanto tempo era che non mi masturbavo? Mesi, forse un anno. Avevo smesso. Insieme a tutto il resto avevo smesso anche questo. Non provavo più desiderio, neanche un desiderio semplice, meccanico, come quello per le mie dita. Prima lo facevo spesso. La sera a letto. Per cullarmi, per addormentarmi. Stringevo le mani tra le cosce, mi piaceva sentire il calore. A volte mi accarezzavo e basta, a volte mi masturbavo. Non aveva niente a che fare con il sesso. Era puro piacere. Mi piaceva sentire le mie mani addosso a me, misurare i miei orgasmi, giocare. Mi masturbavo guardando roba porno in rete, ripensando ad alcune cose successe, immaginandone altre. Lo facevo quasi una volta al giorno, prima. Quando stavo con Davide e anche nei periodi in cui scopavo in giro, prima di Davide. Ma ormai mi ero dimenticata cosa fosse il desiderio. È una sensazione che non riesci mai a collocare in un punto esatto del corpo. Il desiderio ce l’hai tra le gambe, sui capezzoli, sulla schiena. Dà i brividi, ma è anche caldissimo. Ti fa allungare le mani verso gli altri, cercare avidamente, ma è anche un modo per sprofondare in un punto spugnoso e fradicio di te. È quasi sempre una reazione. Un corpo, una persona ti attrae, hai voglia di toccarla, di farti toccare e di colpo succede questa cosa. Poi passa. Oppure ci scopi, e lo estingui. Ma il desiderio è una parte essenziale della tua relazione con gli altri. Se smetti di desiderare, il mondo intorno a te piano piano scompare. Non hai più nessun mezzo per uscire dalla solitudine. Se non provi desiderio, il mondo non è interessante. Non è niente, è persone che parlano, rumore, gesti incomprensibili.
Io non provavo più desiderio.

Quel giorno, davanti allo specchio, ho chiuso gli occhi e con due dita ho iniziato ad accarezzarmi. Subito mi è apparsa l’immagine di Cane, della fica di Cane. Mi sono ricordata di colpo della telefonata di Alessandro, di tutto il whisky che avevo bevuto, della fica di Cane, di come ero caduta a terra, della fica di Cane... Non sentivo niente, non riuscivo a pensare a nient’altro.
Sono caduta in ginocchio.
Ero morta.

     Elena Stancanelli
La femmina nuda

Igor Goncharov

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