venerdì 12 ottobre 2018

In compagnia degli angeli

Anne Sexton
il Re mi ha condotto nelle sue stanze.
Sono nera e bella.
Sono stata aperta e spogliata.
Non ho né braccia né gambe.
Sono tutta di pelle come un pesce.
Non sono più donna di quanto Gesù fosse uomo.

In compagnia degli angeli
 

Ero stanca di essere donna,
stanca di cucchiai e pentole,
stanca della mia bocca e dei miei seni,
stanca di trucchi e sete.
Alla mia tavola c’erano ancora uomini seduti,
raccolti intorno alla coppa che offrivo.
La coppa era colma di chicchi di uva viola,
e vi ronzavano attorno mosche per l’odore,
e anche mio padre giunse con il suo osso bianco.
Io però ero stanca del genere delle cose.
La notte scorsa ho fatto un sogno,
e gli ho detto…
“tu sei la risposta,
tu sopravvivrai a mio marito e a mio padre”.
Nel sogno c’era una città di catene,
dove Giovanna fu messa a morte in abiti maschili,
e la natura degli angeli non era spiegata,
non c’erano due della stessa specie,
chi col naso, chi con l’orecchio in mano,
chi masticava una stella misurandone l’orbita,
ognuno obbediente a se stesso come un poema,
facendo le veci di Dio, un popolo differente.
“Tu sei la risposta” dissi, ed entrai,
sdraiata alle porte della città.
Poi fui messa in catene,
e persi il mio genere e l’aspetto finale.
Adamo era alla mia sinistra,
Eva alla mia destra,
entrambi in contrasto con il mondo razionale.
Intrecciammo la braccia,
e cavalcammo sotto il sole.
Non ero più donna, né una cosa, né l’altra.
O figlie di Gerusalemme,
il Re mi ha condotto nelle sue stanze.
Sono nera e bella.
Sono stata aperta e spogliata.
Non ho né braccia né gambe.
Sono tutta di pelle come un pesce.
Non sono più donna di quanto Gesù fosse uomo.


Anne Sexton

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