E' bello vivere con una che ti vede
Parliamo al buio, l’unica luce sono i suoi occhi, i miei sono quasi sempre chiusi. Mi guarda, mi tocca le mani, accarezza il mio gatto. Quasi ogni sera arriva un po’ di neve, la giornata con gli altri finisce alle quattro del pomeriggio, non c’è più bisogno di uscire.
Io prima di lei non avevo mai incontrato un essere umano capace di vedermi. Erano stati capaci di odiarmi e di amarmi, ma mai di vedermi. È bello vivere con una che ti vede. Io da quando ho conosciuto lei ho smesso di spiare il mio corpo, non mi guardo più, ho tolto dalla casa anche gli specchi. Lei viene, mi guarda e dice dove sono, e non ho bisogno di chiedere, non ho bisogno di quelle laboriose e infruttuose operazioni che facevo un tempo al fine di farmi avvistare. Con lei ho smesso anche la mia attitudine al lamento, alla recriminazione. La mia vita è finalmente vuota e insignificante. Non devo dimostrare più niente a nessuno. Io e lei non facciamo niente. Lei racconta, io ascolto, lei mi guarda, io mi faccio guardare.
Ogni tanto la guardo anche io, le accarezzo i capelli, guardo i suoi seni e poi torno con gli occhi chiusi, sento la casa, sento il tempo che passa insieme a lei, sento che l’universo sa tutto di noi, ci lascia fare, sento quello che sono e tutte le anime che ho passato, sento i miei primi respiri, aspetto i suoi gesti e i suoi gesti arrivano. Non ci tocchiamo molto, ci limitiamo a guardarci e ad ascoltare i suoni, le storie che vengono dai nostri corpi. I nostri corpi suonano o raccontano mentre ci guardiamo, i nostri corpi stanno alla luce o in penombra, distesi o in piedi o seduti, quello che accade è sempre diverso anche se facciamo sempre la stessa cosa, teniamo il tempo tra le braccia e cerchiamo di non farlo cadere. Capita spesso di avere grandi pensieri mentre la guardo e anche lei mi dice di avere grandi pensieri mentre mi guarda. A volte questi pensieri li diciamo ad alta voce e s’incrociano tra loro e vanno per strade strane, i pensieri fatti col corpo in amore sono diversi dai pensieri che vengono quando leggiamo un giornale.
Una volta mentre le accarezzavo la schiena ho pensato in modo così semplice da sentire il grande capogiro dell’universo. Lei mi porta in un mondo in cui c’è un solo attimo e in questo attimo il mondo si apre, si chiude, si offre, si nasconde, mi fa sentire le piante della casa, mi fa toccare il soffitto, fa scendere le nuvole nel camino, mi fa seguire una formica, mi mette nella sua testa e vedo il mondo da lì, ora sono dietro una briciola di pane, ora c’è il sole, è quel granello di zucchero, sto mangiando la luce che entra dalla finestra, sto accarezzando l’erba che è fuori, nessuno sa che noi siamo qui, la formica ci ha consigliato di tacere, ora lei mi sta baciando, ora la sua lingua incolla le vertebre, non sono più un uomo a frammenti, non sono più una cosa sparsa in una terra spezzata, sono nel mio fiato, sento le mie mani, piango, rido, divento una mollica di pane offerta a un passero, le mie ossa si sono rimpicciolite, stanno scomparendo, lo scheletro non mi serve, io devo solo piangere e pensare per il resto dei miei giorni, io devo solo vedere, ora si è aperto un occhio sulla pianta dei piedi, ora finalmente so dove cammino, e se apro le braccia tocco sempre qualcosa, il mio corpo ha smesso di girare a vuoto.
Franco Arminio
Parliamo al buio, l’unica luce sono i suoi occhi, i miei sono quasi sempre chiusi. Mi guarda, mi tocca le mani, accarezza il mio gatto. Quasi ogni sera arriva un po’ di neve, la giornata con gli altri finisce alle quattro del pomeriggio, non c’è più bisogno di uscire.
Io prima di lei non avevo mai incontrato un essere umano capace di vedermi. Erano stati capaci di odiarmi e di amarmi, ma mai di vedermi. È bello vivere con una che ti vede. Io da quando ho conosciuto lei ho smesso di spiare il mio corpo, non mi guardo più, ho tolto dalla casa anche gli specchi. Lei viene, mi guarda e dice dove sono, e non ho bisogno di chiedere, non ho bisogno di quelle laboriose e infruttuose operazioni che facevo un tempo al fine di farmi avvistare. Con lei ho smesso anche la mia attitudine al lamento, alla recriminazione. La mia vita è finalmente vuota e insignificante. Non devo dimostrare più niente a nessuno. Io e lei non facciamo niente. Lei racconta, io ascolto, lei mi guarda, io mi faccio guardare.
Ogni tanto la guardo anche io, le accarezzo i capelli, guardo i suoi seni e poi torno con gli occhi chiusi, sento la casa, sento il tempo che passa insieme a lei, sento che l’universo sa tutto di noi, ci lascia fare, sento quello che sono e tutte le anime che ho passato, sento i miei primi respiri, aspetto i suoi gesti e i suoi gesti arrivano. Non ci tocchiamo molto, ci limitiamo a guardarci e ad ascoltare i suoni, le storie che vengono dai nostri corpi. I nostri corpi suonano o raccontano mentre ci guardiamo, i nostri corpi stanno alla luce o in penombra, distesi o in piedi o seduti, quello che accade è sempre diverso anche se facciamo sempre la stessa cosa, teniamo il tempo tra le braccia e cerchiamo di non farlo cadere. Capita spesso di avere grandi pensieri mentre la guardo e anche lei mi dice di avere grandi pensieri mentre mi guarda. A volte questi pensieri li diciamo ad alta voce e s’incrociano tra loro e vanno per strade strane, i pensieri fatti col corpo in amore sono diversi dai pensieri che vengono quando leggiamo un giornale.
Una volta mentre le accarezzavo la schiena ho pensato in modo così semplice da sentire il grande capogiro dell’universo. Lei mi porta in un mondo in cui c’è un solo attimo e in questo attimo il mondo si apre, si chiude, si offre, si nasconde, mi fa sentire le piante della casa, mi fa toccare il soffitto, fa scendere le nuvole nel camino, mi fa seguire una formica, mi mette nella sua testa e vedo il mondo da lì, ora sono dietro una briciola di pane, ora c’è il sole, è quel granello di zucchero, sto mangiando la luce che entra dalla finestra, sto accarezzando l’erba che è fuori, nessuno sa che noi siamo qui, la formica ci ha consigliato di tacere, ora lei mi sta baciando, ora la sua lingua incolla le vertebre, non sono più un uomo a frammenti, non sono più una cosa sparsa in una terra spezzata, sono nel mio fiato, sento le mie mani, piango, rido, divento una mollica di pane offerta a un passero, le mie ossa si sono rimpicciolite, stanno scomparendo, lo scheletro non mi serve, io devo solo piangere e pensare per il resto dei miei giorni, io devo solo vedere, ora si è aperto un occhio sulla pianta dei piedi, ora finalmente so dove cammino, e se apro le braccia tocco sempre qualcosa, il mio corpo ha smesso di girare a vuoto.
Franco Arminio
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