martedì 16 ottobre 2018

piegare lo sguardo a simbolo di penetrazione?





Mi ricordo la differenza tra come mi fittiava Franco e come, quella sera, mi hai fittiato tu.
Io?
Come l’avevo fittiata?
Perché ero meno buon ragazzo di Franco?
Possibile che quella frase non mi avesse colpito nemmeno un po’, tre anni prima?
Lessi, rilessi e mi prese una specie di disorientamento lessicale. Per quel che ne sapevo, fittiare significava guardare con insistenza una ragazza. Com’era la mia insistenza, nel 1962, com’era quella di Franco? Educata la sua, volgarotta la mia?
Andai a cercare nel vocabolario napoletano-italiano. Fittiare non lo trovai, trovai fittivo – affliggente, molesto – e fittiglie/fettiglie – noie, molestie, angosce –, tutte voci che rimandavano a figere, ma contaminato con fictilia, da fingere. Come al solito, pensai, nelle parole c’è piú di quanto ci pare di dire. Fittiare conteneva figere, ficcare e, insieme, fingere, plasmare. Significava, dunque, piegare lo sguardo a simbolo di penetrazione? Questo faceva il buon ragazzo Franco, questo facevo io, ragazzo di un paio d’anni piú grande e forse perciò meno buono?

Domenico Starnone
Autobiografia erotica di Aristide Gambia


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