Marin soffoca la sua paura e va a pisciare nel buio. Mentre piscia, riesce a vedere le stelle, e queste stelle le fanno tornare in mente la città alla quale dovranno fare ritorno. Si rende conto che laggiú non ha nessuno e le torna la paura, là fuori tra gli alberi, con le mutandine abbassate
Una volta, nei primi tempi, Marin aveva portato Carter nella sua città natale, all’incrocio tra due statali nel deserto del Mojave. C’erano andati in macchina e avevano trascorso la notte nel motel dove lei e le sue amiche d’infanzia erano solite saltare la siepe per nuotare nella piscina a forma di fagiolo. Era il primo uomo che portava a casa da molto tempo. Jake non aveva mai avuto il minimo interesse per quelle formalità.
Quella notte Marin e Carter avevano nuotato nella piscina, da soli. Lui l’aveva tenuta stretta nell’acqua dolce e l’aveva baciata, con la peluria ruvida della barba che le sfregava il collo, la mascella e la clavicola. Quando le luci della piscina erano state spente, l’aveva sollevata sul bordo e le aveva slegato il nodo del costume dietro al collo. Aveva preso tra le labbra i suoi capezzoli, prima uno, poi l’altro, e dopo aveva detto che aspettava quel momento da tutta la sera. Aveva spostato da un lato la banda inferiore del costume e l’aveva scopata come mai aveva fatto fino a quel momento.
Nevada (racconti della frontiera)
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