Javier Marias
«Se solo tu non mi avessi detto niente, se mi avessi tenuto all’oscuro»
[...]
Non la vedevo capace di basare tutta la sua vita futura su una menzogna. Di ipotecarla cosí, di darle fondamenta tanto… precarie. Certo, quanto piú grande la menzogna, maggiore è la tendenza a dimenticarla da parte di chi se ne è servito. Lei mi conosceva benissimo, erano anni che mi studiava, aveva cominciato da bambina, mentre io ero distratto e non la notavo; non mi accorgevo nemmeno di lei. Peccai d’ingenuità e di eccesso di fiducia. Ero sempre stato convinto che non servisse a nulla andare per la vita pieni di diffidenza e di timori. Fu dura per me imparare la lezione. Nemmeno oggi sono sicuro di averla imparata del tutto. Che cosa ci posso fare. L’esperienza mi ha insegnato molto, e sono stato costretto a fare piú attenzione; ma il carattere rimane. Attenuato, se si vuole, ma non molto di piú.
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«Che stupido sono stato ad amarti per tutti quegli anni, piú che ho potuto, finché non sapevo niente», le aveva detto posandole le mani sulle spalle, prima di manipolarle il petto con spregio, in modo vessatorio, forse anche con una vaga o celata lussuria che si proibiva da molto tempo. E poi, dopo quel palpeggiamento, lei gli aveva risposto: «No, non sei stato uno stupido. No, al contrario: hai fatto bene ad amarmi per tutti quegli anni, tutti quegli anni passati… Probabilmente non hai mai fatto niente di meglio in vita tua». Avevo avuto la certezza che a Beatriz si fossero inumiditi gli occhi, solo cosí mi spiegai la sorprendente reazione di Muriel: «Questo te lo concedo, – le aveva detto. – Ragione di piú perché io sia convinto di aver buttato via la mia vita. Una dimensione della mia vita. Per questo non ti posso perdonare». Aveva usato un tono piú quieto, quasi di lamento, nel pronunciare queste parole.
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Non le era bastato modificare la mia vita, dirigerla come se io fossi un attore ai suoi ordini, imporsi e occuparla tutta contro la mia espressa volontà, che conosceva. Voleva pure che un giorno io lo sapessi, non mi ha permesso di rimanere nell’inganno, che a volte è la cosa migliore se ci si è accontentati di quello che si è avuto
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Quando mi mostrò la lettera capii che il sorriso radioso di quel mattino all’aeroporto, non era di sola felicità, ignara del rischio corso, ma di felicità consapevole, di trionfo, di soddisfazione per avere ottenuto quello che desiderava e avere portato a termine la sua messinscena con successo.
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– Da allora faccio quello che mi pare, non devo rendere conto a nessuno né disturbarmi a inventare scuse, ci mancherebbe. E anche lei, immagino, non m’importa di come conduce la sua vita, non mi interessa; solo che lei quello che fa lo fa per obbligo, non per piacere; lo fa come se ci fosse trascinata, sono io che la trascino a disporre di una libertà che non desidera, lei preferirebbe essermi sottomessa. Per il resto, non ho perso niente: in questi anni non è comparsa nessuna donna che mi entusiasmasse al punto da volerla accanto.
Così ha inizio il male
Javier Marias
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