Javier Marias
Sentivo di aver preso un impegno, mi sentivo in debito. Lei veniva da me senza sapere nulla di quello che mi stava succedendo, di quello che mi era successo; piena di illusioni e di speranze pur nel suo dolore, dopo tanti brutti colpi consecutivi. Non me la sentivo di assestargliene un altro a tradimento, quando ormai era troppo tardi: sarebbe stato quello definitivo, o cosí mi sembrava allora. Inconvenienti di un’educazione all’antica, giovane De Vere, e io ero ancora giovane, non me ne ero allontanato a sufficienza. Mi era stato inculcato il senso della responsabilità. L’idea che bisogna saper tenere la parola data. La nozione di cavalleria, che oggi suona addirittura ridicola, ma non vent’anni fa, scompare tutto cosí in fretta –.
[...]
«Sono anche troppe le vite costruite sull’inganno o sull’errore, la maggior parte da che esiste il mondo, probabilmente, perché avrei dovuto scamparla proprio io? Perché non la mia? Questo ogni tanto mi conforta, pensare che non sono il solo, che, anzi, faccio parte dell’infinita schiera di coloro che hanno voluto essere retti e tener fede alle promesse, di quelli che si sono fatti un vanto di poter dire quella che sempre piú spesso è ritenuta un’antiquata fesseria: “Sapete, sono di parola, io”…»
Così ha inizio il male
Javier Marias
Javier Marias
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