Giorgio Agamben
Noi viviamo una fase di estrema decadenza della citta`, nel senso che gli uomini sembrano aver perduto ogni rapporto con il luogo in cui vivono. È evidente che se – come avviene in molte citta` italiane – la citta` si trasforma in un cosiddetto ‘centro storico’, che deve servire solo al consumo turistico e al divertimento del fine settimana, essa non ha piu` alcuna reale ragion d’essere. La citta` era innanzitutto il luogo della vita politica e, insieme, dell’abitare come prerogativa umana. Tanto la politica quanto la facolta` di abitare (e non semplicemente di alloggiarsi) stanno scomparendo, grazie anche alle iniziative congiunte dei capitalisti e degli architetti.
La nostalgia non basta. Sarebbe necessaria una nuova forma di vita che ritrovi insieme la capacita` di abitare e la vita politica. Va da se´ che tanto l’abitare che la politica dovrebbero essere pensati da capo e ridefiniti.
Ugo di San Vittore distingueva tre modi dell’abitare: quello per il quale la patria e` dolce, quello per il quale ogni suolo e` patria, e, terzo, quello per cui tutto il mondo e` un esilio.
Occorre inventare un quarto modo e, con questo, una politica che ne sia all’altezza.
La nostalgia non basta. Sarebbe necessaria una nuova forma di vita che ritrovi insieme la capacita` di abitare e la vita politica. Va da se´ che tanto l’abitare che la politica dovrebbero essere pensati da capo e ridefiniti.
Ugo di San Vittore distingueva tre modi dell’abitare: quello per il quale la patria e` dolce, quello per il quale ogni suolo e` patria, e, terzo, quello per cui tutto il mondo e` un esilio.
Occorre inventare un quarto modo e, con questo, una politica che ne sia all’altezza.
Giorgio Agamben
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