Javier Marias
«Fai quello che ritieni tuo dovere, – mi aveva detto. – Quello che ti tormenterà meno, quello che pensi ti faccia vivere meglio. Però poi non ricordarti di te e di me. Non ricordarti mai di noi due insieme se non vuoi soffrirne giorno dopo giorno e ancora di piú notte dopo notte. Non ricordarti nemmeno di noi due separati, perché alla fine ci si ricongiunge sempre, nel ricordo».
[...]
Avevo dato ascolto alle parole che tu mi hai ripetuto, a ciò che mi aveva consigliato l’altra donna. Era stata una raccomandazione retorica, se non melodrammatica, una messinscena, un modo per chiudere in bellezza, da parte sua. Si addiceva alle circostanze, a un addio inaspettato e improvviso, le serviva per non perdere la faccia. Ma io l’avevo presa alla lettera, vi avevo visto un senso. E feci come lei mi aveva detto, non ricordai né lei né me, nella misura possibile; vale a dire, in superficie: nel fondo rimane sempre il rimpianto della vita a cui si è rinunciato, e nei brutti momenti è lí che ci si rifugia come in un sogno a occhi aperti o in una fantasmagoria.
[...]
«La amerò», mi dissi, «rimarrò sempre al suo fianco. Le sarò fedele», mi ripetei mille volte, «e non le mancherò di rispetto né la abbandonerò. Lei è la donna che mi è toccata in sorte, senza che fossi io a sceglierla. Non importa, le starò vicino, la proteggerò e la sosterrò e crescerò i suoi figli, e la amerò come se l’avessi scelta. Dimenticherò quello che ho perso lungo la strada, ormai è tardi per tornare sui miei passi e quella strada non è piú la mia. Percorrerò questa senza voltarmi indietro e starò attento a non lamentarmi». Me lo dissi e me lo ricordai un’infinità di volte, per molto tempo.
Così ha inizio il male
Javier Marias
Javier Marias
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