«Com’è facile essere all’oscuro, forse è il nostro stato naturale»
«Di quello che non ci raccontano non sappiamo nulla, di quello che ci raccontano nemmeno, nemmeno di quello. Noi abbiamo la tendenza a credere, a pensare che la gente dica la verità, senza far troppo caso e senza diffidare; la vita non sarebbe vivibile se non facessimo cosí, se mettessimo in dubbio le affermazioni piú insignificanti, perché mai qualcuno dovrebbe mentirci riguardo al suo nome, al suo lavoro, alle sue origini, ai suoi gusti e alle sue abitudini, a quella massa di informazioni che tutti ci scambiamo disinteressatamente, spesso senza che nessuno ci chieda nulla, senza che nessuno mostri il minimo interesse nel sapere chi siamo, che cosa facciamo, come ci va la vita, quasi tutti raccontiamo piú di quanto dovremmo o, peggio, imponiamo agli altri informazioni e storie che a loro non interessano affatto e diamo per scontata una curiosità che non esiste, perché mai qualcuno dovrebbe essere curioso di sapere qualcosa di me, di te, di lui, pochi sentirebbero la nostra mancanza se sparissimo da un giorno all’altro e pochissimi si porrebbero il problema.
«Com’è facile non sapere niente, com’è facile muoversi a tentoni, com’è facile essere ingannati e ancora di piú mentire, non richiede alcun talento ed è alla portata di tutti, è strano che i bugiardi si credano tanto astuti, quando non occorre nessuna abilità. Tutto quello che ci viene detto può essere e non essere, il fatto piú decisivo come quello piú irrilevante, il piú innocuo come il piú cruciale, quello che decide della nostra esistenza come quello che nemmeno la sfiora.
Possiamo vivere nell’errore continuo, credere di avere una vita comprensibile, stabile e afferrabile, e poi scoprire che tutto è insicuro, melmoso, sfuggente, che non abbiamo un terreno solido su cui poggiare; o che tutto è una rappresentazione, come se fossimo a teatro convinti di vivere la realtà e non ci fossimo resi conto che si sono spente le luci e si è alzato il sipario e che per di piú siamo sul palcoscenico e non sopra o sotto, tra gli spettatori, o che siamo sullo schermo di un cinema senza poterne uscire, intrappolati nel film e obbligati a ripeterci a ogni nuova proiezione, trasformati in celluloide e incapaci di alterare i fatti, la trama, le inquadrature e neppure il punto di vista né la luce, della storia che qualcun altro ha deciso che fosse per sempre com’è.
Javier Marias
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