«Voi non dovete rimanere senza un mio saluto mentre viene il Natale e voi, in mezzo alla festa, portate la vostra solitudine con maggior fatica che mai. Ma se poi v’accorgete che è grande, rallegratevene; che sarebbe infatti (domandatevi) una solitudine senza grandezza; c’è solo una solitudine, e quella è grande e non è facile a portare e a quasi tutti giungono le ore in cui la permuterebbero volentieri con qualche comunione per quanto triviale e a buon mercato, con l’apparenza di un minimo accordo col primo capitato, col piú indegno…
Ma sono forse quelle le ore in cui la solitudine cresce; ché la sua crescita è dolorosa come la crescita dei fanciulli e triste come l’inizio delle primavere. Ma questo non vi deve sviare. Questo solo è che abbisogna: solitudine, grande intima solitudine. Penetrare in se stessi e per ore non incontrare nessuno, – questo si deve poter raggiungere. Essere soli come s’era soli da bambini, quando gli adulti andavano attorno impigliati in cose che sembravano importanti e grandi, perché i grandi apparivano cosí affaccendati e nulla si comprendeva del loro agire»
Rainer Maria Rilke (lettera a un giovane poeta)
(citato da Eugenio Borgna in "Parlarsi")