venerdì 18 marzo 2016

Vi è la scrittura del tempo

Michel Thion
Vi è la scrittura del tempo

 
Una freccia di neve,
e l´arciere la guarda
ambedue immobili,
 
insomma…
quasi.

 
Lei è il tempo
e il suo sorrisino
ironico.

 
Lei cade,
così veloce
che la pietra diventa sabbia.


Michel Thion
Michel Thion è un poeta dal percorso in un certo senso atipico. Dopo studi presto abbandonati, ha esercitato ogni tipo di mestiere: barman, fabbricante di candele, istruttore di judo, informatico, giornalista e quant’altro. Ma è nel campo delle musiche contemporanee che eserciterà, in seguito, l’essenziale della sua carriera creando, nel 1986 un festival di musica contemporanea « Futur / Musique ». Da qui cronista e critico musicale in riviste molto autorevoli in quel settore, tuttavia non abbandona una propensione per la scrittura della poesia che il nostro pratica – in realtà – da sempre, con pudore e lentezza, quasi clandestinamente.

Già. La lentezza. Un’arte di cui egli diventa maestro. Infatti mentre L’AFAA, Ministère des Affaires Étrangères (Ministero degli Affari Esteri) gli confida la delicata direzione di un’opera intitolata « La musique contemporaine en France en 1994 » (La musica contemporanea in Francia nel 1994), continua a scrivere in parallelo brevi testi in prosa che sondano i misteri del linguaggio e che pubblicherà prima nelle riviste e solo dieci anni dopo diventeranno libri, incominciando con l’editore Cheyne. In seguito scriverà libri dove musicologia e poesia saranno sapientemente intrecciati: «ci vogliono quattro sospiri per fare un silenzio». In tutta la sua opera, M.T. sembra parlare all’orecchio del lettore: «Un poeta, parla a un umano per volta, sensibile». E ancora: «Ciascuno di noi, ciascuna di noi, è solo come un’isola».

Spesso nei suoi versi – in cui di tanto in tanto appare una enigmatica presenza femminile – si possono trovare permutamenti di senso e giochi fonetici purtroppo non traducibili in italiano se non con un'infinità di note a piè di pagina che diventerebbero frustranti per il traduttore. Ecco un esempio trovato ne L’enneigement (l’innevamento) dove fiorisce la stella del freddo, dell’assenza di qualcuno. «[…] c’est l’effet mer» che si può tradurre come «è l’effetto mare», in realtà all’orecchio francese si può ascoltare come «c’est l’éphémère», ovvero «è l’effimero». Mistero e bellezza delle lingue!

Ma i versi sono lì, esistono, limpidi, in tutta la loro evidenza, in tutta la loro nudità. E si depositano con discrezione sulla pagina, viaggiando a passo d’uomo, coi pieni e coi vuoti.

Sembrano andare all’incontrario dell’uomo che genera tanto chiasso. La terra sotto i suoi piedi è l’unica stella che lo rischiara da lontano.

Allora un fulmine li conduce come per mano all’orecchio e alla coscienza del lettore. Si consumano lentamente in un silenzio crescente.
Fili d'aquilone link esterno

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