Michel Thion
Vi è la scrittura del tempo
Michel Thion
Una freccia di neve,
e l´arciere la guarda
ambedue immobili,
insomma
quasi.
e l´arciere la guarda
ambedue immobili,
insomma
quasi.
Lei è il tempo
e il suo sorrisino
ironico.
e il suo sorrisino
ironico.
Lei cade,
così veloce
che la pietra diventa sabbia.
così veloce
che la pietra diventa sabbia.
Michel Thion
Michel Thion è un poeta dal percorso in un certo senso atipico. Dopo studi presto abbandonati, ha esercitato ogni tipo di mestiere: barman, fabbricante di candele, istruttore di judo, informatico, giornalista e quant’altro. Ma è nel campo delle musiche contemporanee che eserciterà, in seguito, l’essenziale della sua carriera creando, nel 1986 un festival di musica contemporanea « Futur / Musique ». Da qui cronista e critico musicale in riviste molto autorevoli in quel settore, tuttavia non abbandona una propensione per la scrittura della poesia che il nostro pratica – in realtà – da sempre, con pudore e lentezza, quasi clandestinamente.
Già. La lentezza. Un’arte di cui egli diventa maestro. Infatti mentre L’AFAA, Ministère des Affaires Étrangères (Ministero degli Affari Esteri) gli confida la delicata direzione di un’opera intitolata « La musique contemporaine en France en 1994 » (La musica contemporanea in Francia nel 1994), continua a scrivere in parallelo brevi testi in prosa che sondano i misteri del linguaggio e che pubblicherà prima nelle riviste e solo dieci anni dopo diventeranno libri, incominciando con l’editore Cheyne. In seguito scriverà libri dove musicologia e poesia saranno sapientemente intrecciati: «ci vogliono quattro sospiri per fare un silenzio». In tutta la sua opera, M.T. sembra parlare all’orecchio del lettore: «Un poeta, parla a un umano per volta, sensibile». E ancora: «Ciascuno di noi, ciascuna di noi, è solo come un’isola».
Spesso nei suoi versi – in cui di tanto in tanto appare una enigmatica presenza femminile – si possono trovare permutamenti di senso e giochi fonetici purtroppo non traducibili in italiano se non con un'infinità di note a piè di pagina che diventerebbero frustranti per il traduttore. Ecco un esempio trovato ne L’enneigement (l’innevamento) dove fiorisce la stella del freddo, dell’assenza di qualcuno. «[…] c’est l’effet mer» che si può tradurre come «è l’effetto mare», in realtà all’orecchio francese si può ascoltare come «c’est l’éphémère», ovvero «è l’effimero». Mistero e bellezza delle lingue!
Ma i versi sono lì, esistono, limpidi, in tutta la loro evidenza, in tutta la loro nudità. E si depositano con discrezione sulla pagina, viaggiando a passo d’uomo, coi pieni e coi vuoti.
Sembrano andare all’incontrario dell’uomo che genera tanto chiasso. La terra sotto i suoi piedi è l’unica stella che lo rischiara da lontano.
Allora un fulmine li conduce come per mano all’orecchio e alla coscienza del lettore. Si consumano lentamente in un silenzio crescente.
Fili d'aquilone
Già. La lentezza. Un’arte di cui egli diventa maestro. Infatti mentre L’AFAA, Ministère des Affaires Étrangères (Ministero degli Affari Esteri) gli confida la delicata direzione di un’opera intitolata « La musique contemporaine en France en 1994 » (La musica contemporanea in Francia nel 1994), continua a scrivere in parallelo brevi testi in prosa che sondano i misteri del linguaggio e che pubblicherà prima nelle riviste e solo dieci anni dopo diventeranno libri, incominciando con l’editore Cheyne. In seguito scriverà libri dove musicologia e poesia saranno sapientemente intrecciati: «ci vogliono quattro sospiri per fare un silenzio». In tutta la sua opera, M.T. sembra parlare all’orecchio del lettore: «Un poeta, parla a un umano per volta, sensibile». E ancora: «Ciascuno di noi, ciascuna di noi, è solo come un’isola».
Spesso nei suoi versi – in cui di tanto in tanto appare una enigmatica presenza femminile – si possono trovare permutamenti di senso e giochi fonetici purtroppo non traducibili in italiano se non con un'infinità di note a piè di pagina che diventerebbero frustranti per il traduttore. Ecco un esempio trovato ne L’enneigement (l’innevamento) dove fiorisce la stella del freddo, dell’assenza di qualcuno. «[…] c’est l’effet mer» che si può tradurre come «è l’effetto mare», in realtà all’orecchio francese si può ascoltare come «c’est l’éphémère», ovvero «è l’effimero». Mistero e bellezza delle lingue!
Ma i versi sono lì, esistono, limpidi, in tutta la loro evidenza, in tutta la loro nudità. E si depositano con discrezione sulla pagina, viaggiando a passo d’uomo, coi pieni e coi vuoti.
Sembrano andare all’incontrario dell’uomo che genera tanto chiasso. La terra sotto i suoi piedi è l’unica stella che lo rischiara da lontano.
Allora un fulmine li conduce come per mano all’orecchio e alla coscienza del lettore. Si consumano lentamente in un silenzio crescente.
Fili d'aquilone
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