Beatrice Garland
Spogliarsi
Beatrice Garland
Perdendo maglie o disfacendo il letto o come pioggia dai coppi, arrivano ruzzolando: vestiti verdi, calze pallide, seta sciolta – come erba mietuta o rose in fiore, placandosi in piccoli mucchi e catturando per un istante la levità di un sentore – sapone, pelle fragrante – congiungendo queste flessuose repliche di sé. E perché fermarsi lì? O come un animale, un seme, un frutto, andare avanti a mutare gli antichi strati di pelle, muta di serpente, pula, pelliccia o duro acerbo mallo di noce, finché l’intera selvatichezza dell’età che incombe è perduta e qualcosa di dolce, intatto, immacolato emerge ammiccando all’aria aperta? E forse nel tempo questo lento disfare arriverà a qualche immaginata profondità, la densa e verdepallida gemma, lieve, impalpabile. Sì. Accadrà, quell’ultima capriola di indumenti, tendini, ciocche di luce e alveoli – il resto è terra, vetrate d’aria, chiuse cortine di pioggia, il sole inatteso.
Beatrice Garland
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