Javier Marias
… Insomma, mi innamorai di un’altra come un imbecille, non importa chi fosse –. «Una donna che merita la mia piena fiducia. Una vecchia amica, un’ex attrice, anche se quando l’ho conosciuta io non lo era, cominciò piú tardi, – ricordai, pensai. – Un vecchio amore, l’amore della mia vita, come si suol dire», aveva ammesso. Ma preferii non distrarlo con una domanda oziosa. – Conobbi la passione che fino ad allora non conoscevo. Non ti spiegherò in che cosa consiste. Se ancora non l’hai provata, ed è raro che compaia prima dei trent’anni, ti sembrerebbe roba da canzoni struggenti, da strazianti rancheras e da letteratura romantica da due soldi. E se invece l’hai provata, allora lo sai. La descrizione è sempre monotona, come quella del sesso. Vivere certe cose è affascinante, raccontarle è tedioso. È un’esperienza fastidiosa, a ogni modo, se la si guarda retrospettivamente, quando ormai se ne è fuori. È addirittura difficile immaginarsi in quello stato, una volta che è passato. Ma finché dura, è l’unica cosa che conta. Si è totalmente assorbiti, e si crede nel miraggio che la vita vera sia quella e nessun’altra valga la pena, il resto impallidisce. Si guardano perfino con superiorità gli altri, quelli che non la provano, si è travolti da una specie di hýbris. Per me era chiaro che non solo volevo stare con quella donna, ma volevo starci per sempre, figurati. Lei mi corrispondeva, inutile dirlo. La passione cresceva e non si placava. Non potevo far altro che annullare il mio fidanzamento con Beatriz e mettere fine alla nostra storia. Rimanere insieme avrebbe fatto l’infelicità di entrambi, dopo quella scoperta. Dirlo non era facile, è sempre un compito ingrato. Ma per me era una montagna insormontabile, considerata la sua situazione.
[...]
Cosa credi, che io ce l’abbia con lei perché non ho avuto il coraggio, perché per troppa delicatezza ho perso la mia vita? Perché ho preferito risparmiarmi un brutto momento, per vigliaccheria? Di questo non potrei mai darle la colpa, per chi mi hai preso?
[...]
– Rinunciò a lei.
– Certo, che cosa potevo fare? Non ci pensai neppure troppo su, ricevendo quel telegramma. Come dire, era irrimediabile. La lettera si era persa per sempre, o sarebbe arrivata dopo la sua partenza. Beatriz non ne conosceva il contenuto e volava verso di me come chi corre verso la salvezza, verso la sola cosa che rimane, convinta che tutto fosse come prima, come lo aveva lasciato partendo....
......Non ebbi il coraggio. Avevo tentato, mi era andata male. Sentivo di aver preso un impegno, mi sentivo in debito. Lei veniva da me senza sapere nulla di quello che mi stava succedendo, di quello che mi era successo; piena di illusioni e di speranze pur nel suo dolore, dopo tanti brutti colpi consecutivi. Non me la sentivo di assestargliene un altro a tradimento, quando ormai era troppo tardi: sarebbe stato quello definitivo, o cosí mi sembrava allora. Inconvenienti di un’educazione all’antica, giovane De Vere, e io ero ancora giovane, non me ne ero allontanato a sufficienza. Mi era stato inculcato il senso della responsabilità. L’idea che bisogna saper tenere la parola data. La nozione di cavalleria, che oggi suona addirittura ridicola, ma non vent’anni fa, scompare tutto cosí in fretta –.
«La malvagia rapidità, – pensai: – non solo della lingua, anche del tempo che cancella continuamente persone, abitudini, concetti». – Il convincimento che non si deve arrecare alcun danno se dipende da noi evitarlo.
[...]
– Passai tutta la notte con lei. Le spiegai, le diedi la notizia, lei pianse disperatamente, in parte capí, non diventò aggressiva né isterica. Non entrò in competizione, pianse soltanto. Però, come ti ho detto, lasciamola fuori, dal momento che è là che è rimasta, poveretta: fuori –.
[...]
Chiusi quella porta sapendo che la chiudevo per sempre alla passione, all’amore della mia vita… La rarissima passione, che poche volte si manifesta…
Così ha inizio il male
Javier Marias
Javier Marias
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