lunedì 29 aprile 2019

Ero arrivato al punto di credere che, se qualcuno mi guardava, lo faceva soltanto perché era stato colpito dal mio difetto


Fabrizio De Andrè



S'è detto, s'è cercato di capire il motivo di certe mie asperità di carattere, di un mio scappare dalla gente, di una selvatichezza che mi rendeva antipatico e inavvicinabile. La verità è molto banale. Fin da piccolo avevo paura degli altri a causa del mio occhio sinistro. La mia palpebra soffriva di una forma di paresi, per cui mi pendeva sull'occhio chiudendolo più della metà. Questa imperfezione mi faceva sentire brutto, diverso, impresentabile.
Ero arrivato al punto di credere che, se qualcuno mi guardava, lo faceva soltanto perché era stato colpito dal mio difetto. Un difetto che ha rovinato la mia vita fino all'età di trentacinque anni. Fino a quando, cioè, con una semplice operazione, ho rimediato a tutto. E' stato, quello dell'occhio, un complesso gigantesco e terrificante, dal quale sono derivati quasi tutti gli altri che, più o meno, ancora oggi mi affliggono.

Fabrizio De Andrè
A volte, nell'infanzia, sono loe piccole cose che a causa di una serie inesplicabile di circostanze, crescono, si dilatano fino ad assumere dimensioni inusitate che ci sovrastano. Il loro peso ci schiaccia e ci soffoca fino a condizionare tutta la nostra vita. Un stupida piccola cosa che apre ferite e dolori nascosti, sepolti nel fondo che ci tengono incatenati.


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