mercoledì 12 ottobre 2016

C’era un che di sfrontato in quella posa

Edna O'Brien

Vedendomela camminare davanti la trovai flessuosa e raffinata, e quando si fermò sul ballatoio a guardare dalla lunga finestra senza tende mi fermai anch’io.
[...]
Sul ballatoio c’era una pianta e suor Imelda ficcò le dita dentro la terra e scosse la testa dicendo che ci voleva l’acqua. Dissi che l’avrei bagnata io piú tardi. Allora ero felice nella mia prigione, felice di starle vicino, di camminare dietro di lei mentre roteava il rosario e si inchinava alla suora servile. Non piangevo piú per mia madre, non contavo piú sul calendario tascabile i giorni che mi separavano dalle vacanze di Natale.
 
– Torna alle cinque, – mi disse arrivata sulla soglia della cucina. Le allieve, in grembiule bianco, l’aspettavano distribuite intorno al lungo tavolo di legno. Sembravano tutte innamorate di lei. Perché, quando entrò, i visi eruppero in un sorriso e, chi con piú audacia chi con meno, invocarono il suo nome. A lei la lezione di cucina doveva piacere perché s’illuminò e disse che qualcuna, chi voleva, doveva accendere un bel fuoco. Poi si avvicinò alla stufa di ferro battuto e ci sputò sopra per verificarne la temperatura. Era rovente perché lo sputo si sollevò con uno sfrigolio.
 
Tornando piú tardi la trovai che dondolava le gambe seduta sul bordo del tavolo. C’era un che di sfrontato in quella posa, un che di ribelle. Sembrava che da un momento all’altro dovesse tirare fuori un portasigarette e aprirlo di scatto per offrirmene maliziosamente una.

Oggetto d'amore      (Suor Imelda )
     Edna O'Brien

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