mercoledì 19 agosto 2015

durò un attimo, lo splendore del suo sedere mi tramortì



Non sentivo pena, nemmeno empatia, sentivo la nuda eccitazione. E l’istinto di convertire le disgrazie altrui in miei vantaggi. Le sfiorai le labbra, le presi le mani e gliele voltai insù, le appoggiai sui palmi Lo straniero.
– È per questo romanzo che sono qui – dissi.
Lo guardò.
 
Alla fine della proiezione le domandai se voleva venire da me. Sorrise.
Entrò nel monolocale in punta di piedi, evitò di guardare in giro e rimase impalata accanto al letto. Le chiesi di sedersi, lo fece, poi mi trascinò con lei. Iniziammo a spogliarci, aveva modi precisi e chirurgici, ci baciammo a lungo, le tolsi la camicetta e la gonna. Mi mise una mano nei pantaloni e sbottonò. Aveva una pelle di porcellana. Mi venne naturale alzarmi in piedi, lei si spostò sul ciglio del letto e lo accarezzò, quasi non lo toccava, lo impugnò di colpo con la mano, e con la bocca. Sapeva nascondere i denti e usare le guance, era esperta e allo stesso tempo goffa, di nuovo famelica. Forzava il disagio, e io con lei. La stesi sul letto e la toccai a lungo, era morbida e dura allo stesso tempo, le salii sopra.
– Il preservativo, Libero.
La ignorai, la mia prima insubordinazione, ed entrai piano. Spinsi adagio, socchiusi gli occhi e mi sforzai di vederla nera. La penetrai a fondo, dolce e accorto, poi con furia. Frida si aggrappò al mio collo, sussurrava Stai attento ti prego, teneva gli occhi chiusi come soffrisse, mi abbuffai finché si sfilò e si offrì da dietro. La presi, durò un attimo, lo splendore del suo sedere mi tramortì.
Avverai così il sogno della tapparella.

Marco Misssiroli --- atti osceni in luogo privato




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