Ann Owen
Con il dito, le accarezzò la bocca. Jane aveva gli occhi confusi, e l´oro delle iridi lo ipnotizzò. Puro, purissimo oro. Ruotò il pollice sulle sue labbra. Jane chiuse strettamente le palpebre. Lei non voleva, lei avrebbe odiato un suo bacio
Ma una vergine andrebbe baciata la sua prima volta, perdio.
[...]
Con il pollice le accarezzava le labbra, aprendogliele nel movimento. Ripensava a quando si era fatto succhiare il pene? Ripensava a lei a quattro zampe?
Il suo respiro si fece più agitato. Non riaprì gli occhi. Il cuore le sbatteva in petto con tonfi sordi. Contro il fianco destro, dura, grande, spingeva la sua virilità. E il dito, sulla bocca, sfiorava, accarezzava, giocava. Jane deglutì. Ora glielo avrebbe spinto tra le labbra. Gliel´avrebbe spinto tra le labbra, e poi le avrebbe ordinato
Jane riaprì gli occhi. Lo stupore superò la paura. La bocca di Guy si era posata sulla sua. Leggera e gentile, le stava succhiando le labbra, ma non le forzava. La sfiorava con la lingua, senza aprirle.
La stava baciando, e lei riconobbe il suo sapore; l´aveva già sentito, una volta, tanti anni prima.
Il suo stomaco fece una capriola. Senza pensare, Jane alzò le mani alle sue spalle per difendersi, ma poi si ritrovò a stringergliele, a cercare sostegno su quei muscoli d´acciaio, su quel calore. Dietro la sua spalla sinistra, al tatto, c´era una porzione di pelle irregolare, rialzata e frastagliata sotto i polpastrelli; una cicatrice, una bruciatura?
Chiuse gli occhi, beandosi di quell´attimo di totale dolcezza. Sentendosi a casa come non le capitava da anni da quasi otto anni, non è vero?
«È così terribile un mio bacio, Jane? »
Terribile?
Guy si piegò su di lei, il torace le coprì il petto. Aveva un odore delicato, di sapone di Marsiglia; si lavava con il sapone da bucato anche da bambino, e quel ricordo la riscaldò. La lingua di Guy s´infilò nella sua bocca, e lei lo lasciò entrare. Era suo dovere, e gli fu assurdamente grata per averle concesso quel bacio: credeva che non avrebbe mai voluto baciarla sulla bocca. Non provava schifo per lei? Per quello che aveva fatto poco prima con il suo pene?
Guy incontrò la sua lingua. Jane la teneva ferma, non giocava insieme a lui. Lo sentì sorridere sulle sue labbra.
«Hai un sapore buonissimo, mio piccolo angelo buonissimo »
[...]
Quella lingua era calda… era padrona. Ingiustamente padrona, e Jane la odiava e la voleva su di sé. Era così delicato, il suo diavolo, mentre la leccava, la mordicchiava, e quando portò entrambe le mani sui seni, a toccarli in modo simmetrico, Jane s’inarcò, permettendogli di palparla meglio, di umiliarla meglio, ma a questo non pensava, a questo non voleva pensare…
Guy spinse una mano in basso, sul suo inguine, ricominciando con le sue carezze ritmiche, con le sue dita curiose e prive di pudore. La trovò bagnata; il denso umore accolse i suoi polpastrelli, sempre più, in gocce spesse e bollenti. «Ora sei… sei pronta…» mormorò roco, «vero, piccola…»
«Sì…» rispose ansimando, e con un coraggio che non avrebbe mai avuto nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, gli portò le mani sulla testa, stringendogli i capelli scuri nei pugni. Morbidi, e tra le gambe il dito aveva trovato la sua strada, umida, dolce e desiderosa, così vergognosamente desiderosa, delle sue carezze. «Sì, Guy…» boccheggiò senza più pudore, inarcando l’inguine contro il suo palmo. «Oh sì… sì…»
[...]
«Mia piccola vergine» mormorò sulla sua pelle. «Mio piccolo angelo.»
La vagina si dilatò in attesa di lui. L´istinto sapeva come un uomo fa sua una donna.
Guy si spostò più in basso. Voleva guardarla da vicino? Voleva guardarla come
«Guy!» gridò.
Non le stava guardando la vagina. Gliela stava
«Guy no, è è troppo è oh, Dio mio Dio »
Dove prima c´era il dito, c´era ora la sua lingua. «Va tutto bene » mormorò lui, sconvolgente, su quella parte del corpo così vietata, così oscena; «voglio solo scoprire che sapore hanno gli angeli »
La leccò, facendosi spazio tra le labbra, ruotando tra i riccioli e dandole gentili colpi, e Jane sentì il suo calore, la sua saliva. Dio del cielo, era quello che aveva fatto lei a lui, prima, e anche Guy aveva sentito quella dolcezza? Quel piacere meraviglioso, quel piacere che non poteva essere male? La vista della testa scura tra le sue gambe, sulla sua peluria bionda, e quel succhiare, tracciare, inumidire, fu troppo. Jane sollevò le mani al cuscino, lo strinse, s´inarcò.
«Oh, Guy! »
Un travolgente piacere esplose nel suo ventre sollecitato; chiuse gli occhi e pianse d´assurda gioia, mentre il suo padrone le teneva la lingua ferma sul bottoncino che si contraeva e s´inzuppava, e inzuppava lui con il suo orgasmo, e la bocca che beveva di lei.
Contro la sua vulva ipersensibile, Guy fece un verso di soddisfazione animale, e un getto caldo e denso le bagnò le gambe. Il suo seme. Aveva goduto anche lui, masturbandosi con la mano, senza chiederle altro.
Il cuore nel petto di Jane batteva veloce. Dimentico di ogni cosa. Con lentezza, Guy portò il capo sul suo ventre. Le diede un leggero bacio sull´ombelico. Jane, sognante, gli portò una mano alla testa, senza riaprire gli occhi.
Lui le baciò il corpo risalendo verso di lei. La pelle. Il seno. Il collo. Arrivò con la bocca al suo orecchio, e lì si fermò, sfiorandola con le labbra umide di lei.
Ann Owen Schiava per vendetta
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