sabato 18 giugno 2016

e così inquinavo la sorgente dell'amicizia

Jostein Gaarder
Amare ed essere amato mi era più dolce se possedevo anche nel corpo la persona amata. E così inquinavo la sorgente dell'amicizia con i veleni della passione e offuscavo la sua chiarezza con l'inferno del sesso” (…).



(…) Così alla fine rimanemmo soli, seduti insieme sotto l'albero di fico. Già in quel luogo e a quel tempo credo ci debba essere stato qualcosa in noi due che in qualche modo intimorì gli altri, qualcosa di forte e insondabile, e come inesorabilmente tramato.
 
Poi mi seguisti a casa nella mia cameretta e ci rimanesti tutta la notte. Un anno e mezzo più tardi avemmo un figlio e non ci separammo finché Monica (madre di Agostino, n.d.r.) o la Continenza ci strapparono l'una all'altro, lasciandoci entrambi con ferite sanguinanti.
 
La nostra convivenza ebbe sin dal primo istante un forte fondamento sensuale, perché certamente adorammo Venere insieme, e a periodi fummo entrambi ugualmente irrefrenabili. Quando leggo le tue Confessioni oggi, ne ricavo però la penosa sensazione che ciò che tu ora chiami “il sensuale” fosse l'unica cosa che ci legasse l'una all'altro. L'impressione è che tu sia estremamente zelante nella contrizione e nel pentimento per la tua vita passata, e dunque per il periodo antecedente al tuo consacrarti totalmente alla Continenza.
 
È veramente Dio o sono i tuoi dubbi e i tuoi rimorsi che provi a scongiurare? Forse è proprio della nostra profonda amicizia che ti vergogni maggiormente.
Ci sono molti uomini che si vergognano più a coltivare l'amicizia con una donna che non a darsi all'amore sensuale con lei.
 
Così attribuiscono di solito la colpa all'amore sensuale perché non possono instaurare alcuna forma di sincera amicizia con una donna. Purtroppo ciò è tanto più palese quanto più filosoficamente istruiti essi sono: molte responsabilità l'ascrivo ai manichei e ai platonici.
 
Mi sembra che cominciasti a guardarmi in maniera diversa dopo aver letto il Fedone (dialogo di Platone in cui Socrate discute dell'immortalità dell'anima, n.d.r.) e la situazione non migliorò dopo che leggesti Porfirio, il filosofo neoplatonico. Tante teste, Aurelio, tante opinioni! In verità iniziai a nutrire sospetti quando prendesti a chiamarmi Eva, ma non accadde prima che fossimo giunti a Milano. Fu allora che facesti di tutto per aver accesso alla cerchia di Ambrogio, allora vescovo di Milano.
 
Tu stesso scrivi che la tua anima non era sana e forte, a quel tempo.
 
“Era come esulcerata e si buttava fuori, infelice, nel desiderio di farsi toccare e graffiare dai corpi: che nessuno amerebbe se non avessero un'anima.
 
Amare ed essere amato mi era più dolce se possedevo anche nel corpo la persona amata. E così inquinavo la sorgente dell'amicizia con i veleni della passione e offuscavo la sua chiarezza con l'inferno del sesso” (…).

Vita brevis
     Jostein Gaarder

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