Osip Emil’evic Mandel’štam
Chi può sapere della parola addio
quale distacco il fato ci prepara,
quale distacco il fato ci prepara,
Tristia
1
Ho imparato la scienza dell´addio
dai gemiti in capelli della notte.
Ulula il lupo e gocciola l´attesa,
delle urbane vigilie ultima ora.
Di quella notte onoro il rito, quando
del duolo delle strade alzando il peso,
guardavan lungi umidi occhi e a pianto
di femmine si univa inno di musa.
2
Chi può sapere della parola addio
quale distacco il fato ci prepara,
quel che il canto del gallo a noi predice
allorquando un incendio arde l’Acropoli:
e perché all’alba d’una nuova vita,
del lupo al lungo ululo nel buio,
il gallo araldo della nuova vita
le ali sbatte sul cerchio delle mura.
3
Io amo le abitudini del filo:
il fuso ordisce, ronza l’arcolaio.
Quasi peluria candida di cigno,
ecco giungere Delia a piedi nudi.
Debole tronco della nostra vita,
com’è scarna la lingua della gioia.
Tutto già fu ed ancora si ripete.
Ma il riconoscimento è sempre dolce.
4
Così sarà: la diafana figura
sta sulla pura creta del vassoio,
quasi vello trafitto di candore.
Guarda china la cera una fanciulla.
Per noi è chiuso l’Erebo dei Greci:
cera s’addice a donne, bronzo agli uomini.
Guerra è il nostro destino: a loro è dato
sortilegi di trarre e di morire.
Osip Emil’evic Mandel’štam
Ho imparato la scienza dell´addio
dai gemiti in capelli della notte.
Ulula il lupo e gocciola l´attesa,
delle urbane vigilie ultima ora.
Di quella notte onoro il rito, quando
del duolo delle strade alzando il peso,
guardavan lungi umidi occhi e a pianto
di femmine si univa inno di musa.
2
Chi può sapere della parola addio
quale distacco il fato ci prepara,
quel che il canto del gallo a noi predice
allorquando un incendio arde l’Acropoli:
e perché all’alba d’una nuova vita,
del lupo al lungo ululo nel buio,
il gallo araldo della nuova vita
le ali sbatte sul cerchio delle mura.
3
Io amo le abitudini del filo:
il fuso ordisce, ronza l’arcolaio.
Quasi peluria candida di cigno,
ecco giungere Delia a piedi nudi.
Debole tronco della nostra vita,
com’è scarna la lingua della gioia.
Tutto già fu ed ancora si ripete.
Ma il riconoscimento è sempre dolce.
4
Così sarà: la diafana figura
sta sulla pura creta del vassoio,
quasi vello trafitto di candore.
Guarda china la cera una fanciulla.
Per noi è chiuso l’Erebo dei Greci:
cera s’addice a donne, bronzo agli uomini.
Guerra è il nostro destino: a loro è dato
sortilegi di trarre e di morire.
Osip Emil’evic Mandel’štam
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