mercoledì 26 dicembre 2018

DIO NELLA MACCHINA DA SCRIVERE. STORIA DI ANNE SEXTON


Dio nella macchina da scrivere

Irene Di Caccamo (Biografia-romanzo di Anne Sexton )







DIO NELLA MACCHINA DA SCRIVERE. STORIA DI ANNE SEXTON
 
Recensione del libto di Irene di Caccamo
di Federica De Paolis
 
Questo romanzo di Irene di Caccamo, Dio nella macchina da scrivere (La Nave di Teseo), è la storia di Anne Sexton. La poetessa – forse la più nota della storia americana del secondo novecento – insieme a Sylvia Plath. Scritto in prima persona, ripercorre infedelmente una forbice di anni, intercorsi tra un suicidio mancato e quello definitivo.
 
Anne è sposata, ha due figlie, è una donna di una bellezza abbagliante, borghese, elegantissima, immensamente depressa. Sposa e madre, eternamente figlia. Inizia una terapia con uno psichiatra, il dottor O.: sedute e pasticche; stabilizzatori dell’umore, antidepressivi, sonniferi.
 
È lui che le suggerisce di scrivere, la poesia può essere una forma di terapia ma anche una via d’uscita, la ricerca dell’identità mancata. Le parole arrivano subito, Anne compone versi e strofe; è un flusso nuovo e continuo. Partecipa a un gruppo universitario, carteggia con un poeta, si confronta la sua miglior amica Maxime. La scrittura invade tutto, diventa ragione di vita. Il marito cerca di dissuaderla ma è costretto ad accettare: arrivano le pubblicazioni, i soldi, i premi, i reading e infine il Pulitzer, eppure – nonostante l’immenso plauso ricevuto – Anne, non fa che scivolare e rialzarsi dai suoi giorni bui, dalle voci nere, dalle ossessioni e dai pensieri sulla morte.
 
Salvata perduta e cado.
 
Scritto come se fosse quasi un diario, Irene di Caccamo inventa nomi e ne mantiene altri, tradisce eventi, li rispetta e immagina, il risultato è una voce di un’autenticità assoluta, che racconta come una partitura musicale, un susseguirsi di giorni, che hanno tutti la stessa faccia.
 
Come una spirale, veniamo risucchiati nella mente della Sexton e nella sua quotidianità che è come un otto volante di rapporti contraddittori con le figlie, pillole, drink, sedute psicanalitiche, fiumi di lettere, un’irrefrenabile desiderio sessuale, un ricordo confuso di abusi, un marito che l’adora, detesta e picchia (amore, odio e riparazione: una coazione perfetta per la Sexton), gli amanti, la ricerca delle parole, l’insicurezza ma anche la forza: un’ostinazione assoluta per la poesia.
 
La maschera come forma di difesa che s’incancrenisce fino alla confusione, il corpo come pozzo infinito di desiderio: violato, usato, indiscusso. È un libro che si legge tutto d’un fiato, accurato e profondo: lo spaccato di una società – la middle-class americana – un momento storico di ferventi attività culturali, un susseguirsi di paesaggi, cieli vuoti e pieni che si accordano all’interiorità incredibilmente indagata, di questa eroina della poesia contemporanea.
 
Una scrittura dolente e sì, poetica, intima, psicanalitica. Alla fine (straziante) si resta con la voglia di rileggere tutta la poesia della Sexton, ora così illuminata e fortemente svelata dal prezioso occhio di Irene di Caccamo.


 
Federica De Paolis

Minima & Moralia
Anne Sexton, Sylvia Plath e il suicidio

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