Il mio amico Antoine Roquentin, per esempio, chiama gli specchi trappole. «Sul muro v’è un buco bianco, – dice, – lo specchio».
[...]
Roquentin si avvicina, la guarda e ne rimane intrappolato, non può piú andarsene. La cosa grigia, superfluo specificarlo ma specifichiamo, è il riflesso del suo volto. Un riflesso che Roquentin, in quelle giornate perdute tra la sua stanza d’albergo e le strade di Bouville, si ferma a contemplare, perché, spiega, non capisce nulla del suo volto:
«Quelli degli altri hanno un senso. Ma non il mio. Non posso nemmeno decidere se sia bello o brutto. Immagino sia brutto, poiché me l’hanno detto. Ma questo non mi tocca. In fondo son perfino urtato che si possano attribuirgli qualità di questo genere, come se si dicesse bello o brutto un pezzo di terra o un masso di roccia».
Tommaso Pincio
- Che tortura gli specchi
- Il nostro falso specchio
- il nostro volto appare cosí diverso dall’immagine interiore che abbiamo di noi
- una modalità inversa a quella dei vampiri
- gli specchi trappole
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