Javier Marias
....meglio tacere mentre si può ancora dire ciò che è sempre la migliore risposta: «Non so, non mi risulta, vedremo», la consolazione dell'incertezza che è anche retrospettiva.O forse volevo soltanto raccontare ciò che avevo già raccontato una volta, quella sera a Luisa durante la cena, raccontare una storia come pagamento di un debito, sia pure simbolico e non preteso né sollecitato da nessuno, nessuno può pretendere ciò che non sa se esiste e da chi non conosce, ciò che ignora se sia accaduto o stia accadendo e perciò non può pretendere che si riveli o cessi.
Javier Marias
Fino a poche ore prima Luisa Téllez non sapeva neppure che io esistessi.
E' chi racconta che decide di farlo e anche di imporlo e chi si scopre o confessa e decide quando, di solito quando è ormai troppo grande la fatica che portano il silenzio e l'ombra, è l'unica cosa che spinge a volte a raccontare i fatti senza che nessuno lo chieda né nessuno se lo aspetti, non ha niente a che vedere con la colpa né con la cattiva coscienza né con il pentimento, nessuno fa niente credendosi miserabile nel momento di farlo se sente la necessità di farlo, soltanto dopo arrivano il malessere e la paura e non vengono poi molto, è più malessere o paura che pentimento, o è più stanchezza.
[...]
Ci avvicinava anche la nostra fatica e l'aver raccontato, esserci riferiti qualcosa l'uno all'altro come in uno scambio, cose che si completavano inutilmente, lei il dopo e io il prima di qualcosa che non aveva soluzione e forse neppure ci interessava molto: in ogni caso era passato, era successo ma non succedeva, si poteva rivelare ma ormai era cessato.
Domani nella battaglia pensa a me
Javier Marias
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