Efraim Medina Reyes
Un giorno arrivò a casa mia. Erano sei mesi che non sapevo più nulla di lei, fu una grossa sorpresa. Andammo nella mia stanza. Ero vestito perché stavo per uscire. Le chiesi come andavano le cose con il suo uomo. Lei non ne volle parlare, mi chiese di stendermi sul letto e poi mi salì sopra. Cercai di abbracciarla. Mi disse di non fare nulla, di stare fermo, di non dire una parola. La sua voce era dura e piena di rabbia. Si mosse piano su di me e poi cominciò lentamente ad accelerare. Non mi baciò. Le sue mani mi sfioravano il viso e le spalle con estrema delicatezza. Rimase una mezz’ora su di me e poi se ne andò senza salutare. Non sapevo cosa fare, rimasi lì sdraiato con la sensazione del suo corpo addosso, timoroso di perderlo ancora una volta, sentendo il suo calore che si raffreddava lentamente, la sensazione di movimento che scemava, la sua figura che scompariva, e io che rimanevo solo fino alla fine del mondo. Ero umido e ogni poro della mia umanità pulsava come mille terrori nel cuore di un uccello.
Non volevo pensare, non volevo l’ombra di un’idea, non volevo sapere, volevo rimanere assente come il lato oscuro di un sogno
C'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo
Efraim Medina Reyes
Efraim Medina Reyes
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