Deborah Levy,
A diciassette anni, quando comprai da Shellys le mie prime Brothel Creepers, avevo la certezza assoluta che non le avrei mai messe con le calze.
(…) I senza calze sono senza-dio. Così le Brothel Creepers, altrimenti note come scarpe da Teddy-boys. Camminare per strada con il mio primissimo paio di Brothel Creepers ai piedi mi faceva sentire come se avessi avuto un tatuaggio che mi predestinava ad una vita ricca di significato. Non proprio a punta come le Winkle-pickers, le mie Brothel Creepers avevano una linguetta a v in pelle di leopardo, circondata da cinque centimetri di spessa suola di gomma nera.
Infilarci il piede nudo era come camminare su una nuvola, letteralmente. Le mie Brothel Creepers erano belle e vere, la genialità in persona, e non mi importava che fossero anche rook e pop – non era quello il punto. Erano la metropoli, un biglietto per andarmene dalla periferia, un’uscita di sicurezza da tutto ciò che ci si aspetta da noi donne. C’era qualcosa nella linea delle Brothel Creepers che metteva il mondo in una prospettiva assolutamente nuova.
L’accostamento di Brothel Creepers e caviglie nude mi faceva sentire sexy, seria, frivola, sicura. Le portavo con abitini neri aderenti, o con i jeans. Con gonne a tubo o con pantaloni gessati. Mi era semplicemente impossibile non portarle sempre. La loro sottile punta nera batteva al ritmo della ribellione: erano scarpe che mia madre non avrebbe mai portato, scarpe che mio padre non avrebbe mai portato, scarpe che non molte ragazze osavano portare, ma quelle poche erano sicuramente splendide.
(…) Da allora ne ho comprato molti altri modelli, ma a distanza di vent’anni quel primo paio si trova ancora intatto, sul primo ripiano della mia scarpiera: come i musicisti jazz, le Brothel Creepers migliorano con l’età, perché hanno una sorta di grazia intramontabile anche nella bruttezza. Lo spirito delle Brothel Creepers mi accompagnerà fino al giorno della morte. Quelle scarpe mi parlano della mia vita prima di diventare madre
(…). Le mettevo per scrivere i miei romanzi, per insegnare, anche per andare a Roma a sposarmi e poi scappare all’ultimo momento. Le mie meravigliose Brothel Creepers mi ricordano che invecchiare significa diventare come la gente di cui un tempo ci si burlava. Adesso, a volte, metto le calze. ( in K. Dunseath (a cura di) 33 scrittrici raccontano. Seconda pelle, Milano, Feltrinelli, 2001, pp. 17-20)serbo per i miei cari. La mattina dopo il dolore era svanito e io ero pronta a comportarmi male un’altra volta.”
Le mie meravigliose Brothel Creepers,
Deborah Levy,
Deborah Levy,
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