Roberto Bolaño
È mio marito, disse la direttrice senza smettere di guardare la macchina ferma, come se parlasse fra sé. Poi girò la cassetta dall'altro lato e alzò il volume. A volte la mia amica mi telefona, disse, quando è in tournée per città sconosciute. Una volta mi chiamò da Ciudad Madero, aveva cantato tutta la notte in un locale del sindacato idrocarburi e mi chiamò alle quattro del mattino. Un'altra volta mi chiamò da Reinosa. Che bello, dissi io. No, non è né bello né brutto, disse la direttrice. Semplicemente mi chiama. A volte ne sente il bisogno. Quando risponde mio marito lei riattacca.
Per un po' nessuno dei due disse niente. Mi immaginai il marito della direttrice al telefono. Alza il ricevitore, dice pronto, chi è, poi sente che dall'altra parte qualcuno riattacca e riattacca anche lui, quasi come un riflesso condizionato. Chiesi alla direttrice se voleva che scendessi e andassi a dire qualcosa al guidatore dell'altra auto.
Non è necessario, disse. Mi parve una risposta ragionevole, anche se in realtà era una risposta folle. Le chiesi cosa pensava che avrebbe fatto suo marito, se davvero era suo marito. Rimarrà qui finché non ce ne andremo, disse la direttrice. Allora sarebbe meglio andarcene subito, dissi io.
La direttrice parve immergersi nei suoi pensieri, anche se in realtà, lo indovinai molto più tardi, non fece altro che chiudere gli occhi e bere letteralmente fino all'ultima goccia la canzone della sua amica di Durango.
Puttane assassine ( Gómez Palacio )
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