Roberto Bolaño
Guarda, disse la direttrice, stiamo arrivando in un posto molto speciale. Questa fu l'espressione che usò. Molto speciale.
Volevo che tu lo vedessi, disse, è la cosa che mi piace di più della mia terra. L'auto uscì dalla strada e si fermò in una sorta di area di sosta, anche se in realtà non c'era niente, solo terra e un grande spiazzo per parcheggiare i camion. In lontananza brillavano le luci di qualcosa che poteva essere un piccolo paese o un ristorante. Non scendemmo. La direttrice mi indicò un punto imprecisato. Un tratto di strada a circa cinque chilometri da dove ci trovavamo, forse di meno, forse di più. Passò perfino un panno sul parabrezza perché potessi vedere meglio. Guardai: vidi fari di automobili, dall'andamento delle luci forse era una curva. E poi vidi il deserto e vidi delle forme verdi. Hai visto? disse la direttrice. Sì, luci, risposi. La direttrice mi guardò: i suoi occhi sporgenti brillavano come di sicuro brillano gli occhi degli animaletti selvatici dello stato di Durango, negli inospitali dintorni di Gómez Palacio.
Poi guardai di nuovo dove lei mi indicava: prima non vidi niente, solo buio, il bagliore di quel paese o ristorante sconosciuto, poi passò qualche automobile e i fasci di luce dei fari fendettero lo spazio con una lentezza esasperante.
Una lentezza esasperante che tuttavia non ci toccava più.
Puttane assassine ( Gómez Palacio )
Roberto Bolaño
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