Ercole Patti
Poco prima di mezzanotte tutti cominciarono a raggiungere le loro stanze.
Soltanto la zia Cettina e Nino si avviarono verso l'ala sinistra. La zia era allegra per il vino bevuto, appoggiò il braccio sulla spalla del nipote mentre si inoltravano nel lungo corridoio fian-cheggiato da porte chiuse con pomi di porcellana istoriati di fiorellini colorati.
La stanza della zia era accanto a quella di Nino anzi essendo sulla parete di fronte del corridoio la porta era sistemata ad angolo retto con quella della stanza del nipote.
La zia entrò nella sua camera, accese la luce.
"Speriamo," disse, "che nell'armadio non ci siano topi. L'anno scorso ce n'era uno che la notte non mi faceva dormire. Proviamo a guardare dentro. Vieni qui Nino."
Il ragazzo entrò nella grande stanza pavimentata con mattonelle di terracotta. Un vasto letto matrimoniale si alzava contro una parete; era in ferro battuto tinto di nero, con fregi di ottone, i pomi di vetro verde in forma di pigne; era altissimo coi suoi quattro fitti e gonfi materassi di lana. Sulla parete opposta c'era un grande armadio, nell'angolo accanto alla porta-finestra che dava sulla terrazza una toletta dallo specchio snodato che sul retro recava in tutta la superficie una im-magine colorata di donna in costume settecentesco. A fianco del letto c'era un comò di noce con sei cassetti e sopra due lumiere di ottone a beccucci.
Nel centro del comò un San Giuseppe di gesso colorato sistemato sotto una campana di vetro.
La zia aprì piano un battente dell'armadio che mandò un odore pungente di rinchiuso e di naftalima; si vedevano nel fondo due cappelliere di car-tone leggermente rosicchiate dai topi una sull'altra e due ombrellini da sole appoggiati in un angolo; nell'altro angolo un bastone di quelli con dentro lo stocco di acciaio; ìe grucce per appendervi gli abiti erano libere.
"L'odore dei topi c'è," disse la zia annusando mentre Nino aveva preso il bastone animato e lo tirava per il manico cercando di estrarne la lama.
"Stai attento a non tagliarti," disse la zia.
Nino sguainò lo stocco, la lama istoriata color d'argento brillò sotto la lampadina.
"Che cosa c'è scritto?" chiese la zia curvandosi sulla lama e appoggiandosi al nipote.
Sulla lama lucente dello stocco a caratteri maiuscoli in rilievo, di un colore di argento opaco, c'era una scritta.
"Non ti fidar di me," lesse Cettina.
Nino voltò la lama e sul lato opposto la zia lesse il seguito della frase: "Se il cor ti manca. Adesso mettilo via," aggiunse, "e aiutami ad aprire le valigie."
Intanto che Nino ringuainava lo stocco e riponeva il bastone nell'armadio Cettina si sfilò l'abito che appese a una gruccia e rimase in sottoveste; poi sedette su una delle poltrone ai piedi del letto e si tolse le calze.
Nino vide le gambe nude della zia; lei si toglieva le calze con molta naturalezza senza curarsi del ragazzo; intanto la leggera sottoveste le scivolava indietro scoprendo le cosce.
"Apri prima quella più piccola," disse lei.
Nino apri la valigia.
"Che debbo fare?" chiese respirando il profumo della zia Cettina che si levava dagli indumenti ripiegati dentro.
"Guarda a destra, ci debbono essere un paio di pantofoline."
Nino cercò trovò le pantofoline chiuse in un sacchetto di stoffa a fiorellini.
"Eccole."
"Passamele per favore."
Il ragazzo si avvicinò alla zia che era sempre seduta sulla poltrona e le porse le pantofoline.
Cettina le sfilò dal sacchetto e le calzò lentamente mettendo ogni volta una gamba sull'altra e scoprendo in quel movimento le cosce fino in fondo; poi si alzò. Sotto la stoffa leggera della sottoveste si indovinava il suo corpo saldo che si muoveva con indolenza.
"Quel vino mi è andato in testa," disse con un sorriso dolce. "Aiutami a tirar fuori la roba dalla valigia"
Cettina si curvò sulla valigia accanto al ragazzo che sentiva contro il suo braccio che usciva dalla maglietta a mezze maniche il braccio nudo di lei caldo e liscio; subito il ricordo di quel pomeriggio del marzo scorso nella casa di via Montesano gli tornò in mente coi suoi vivi e indimenticabili particolari.
Via via che tirava fuori la roba dalla valigia Cettina la passava al nipote indicandogli i cassetti dove doveva metterla. Poi volle invertire le parti: Nino prendeva la roba dalla valigia e lei la sistemava nell'armadio e nei cassetti.
Venne fuori il vestito da caccia dello zio Biagio il marito di Cettina; Nino lo porse alla zia con un senso di avversione per quell'indumento che odorava sfacciatamente di uomo. Cettina appese la pesante giacca con toppe di cuoio ai gomiti a una gruccia sopra un paio di pantaloni di erto fustagno. Nino provava uno strano senso di gelosia per l'intimità che il marito doveva avere con lei. Questo sentimento si ripeteva a tutti gli indumenti maschili che venivano fuori dalla valigia.
Ad un certo punto la zia interruppe l'operazione.
Soltanto la zia Cettina e Nino si avviarono verso l'ala sinistra. La zia era allegra per il vino bevuto, appoggiò il braccio sulla spalla del nipote mentre si inoltravano nel lungo corridoio fian-cheggiato da porte chiuse con pomi di porcellana istoriati di fiorellini colorati.
La stanza della zia era accanto a quella di Nino anzi essendo sulla parete di fronte del corridoio la porta era sistemata ad angolo retto con quella della stanza del nipote.
La zia entrò nella sua camera, accese la luce.
"Speriamo," disse, "che nell'armadio non ci siano topi. L'anno scorso ce n'era uno che la notte non mi faceva dormire. Proviamo a guardare dentro. Vieni qui Nino."
Il ragazzo entrò nella grande stanza pavimentata con mattonelle di terracotta. Un vasto letto matrimoniale si alzava contro una parete; era in ferro battuto tinto di nero, con fregi di ottone, i pomi di vetro verde in forma di pigne; era altissimo coi suoi quattro fitti e gonfi materassi di lana. Sulla parete opposta c'era un grande armadio, nell'angolo accanto alla porta-finestra che dava sulla terrazza una toletta dallo specchio snodato che sul retro recava in tutta la superficie una im-magine colorata di donna in costume settecentesco. A fianco del letto c'era un comò di noce con sei cassetti e sopra due lumiere di ottone a beccucci.
Nel centro del comò un San Giuseppe di gesso colorato sistemato sotto una campana di vetro.
La zia aprì piano un battente dell'armadio che mandò un odore pungente di rinchiuso e di naftalima; si vedevano nel fondo due cappelliere di car-tone leggermente rosicchiate dai topi una sull'altra e due ombrellini da sole appoggiati in un angolo; nell'altro angolo un bastone di quelli con dentro lo stocco di acciaio; ìe grucce per appendervi gli abiti erano libere.
"L'odore dei topi c'è," disse la zia annusando mentre Nino aveva preso il bastone animato e lo tirava per il manico cercando di estrarne la lama.
"Stai attento a non tagliarti," disse la zia.
Nino sguainò lo stocco, la lama istoriata color d'argento brillò sotto la lampadina.
"Che cosa c'è scritto?" chiese la zia curvandosi sulla lama e appoggiandosi al nipote.
Sulla lama lucente dello stocco a caratteri maiuscoli in rilievo, di un colore di argento opaco, c'era una scritta.
"Non ti fidar di me," lesse Cettina.
Nino voltò la lama e sul lato opposto la zia lesse il seguito della frase: "Se il cor ti manca. Adesso mettilo via," aggiunse, "e aiutami ad aprire le valigie."
Intanto che Nino ringuainava lo stocco e riponeva il bastone nell'armadio Cettina si sfilò l'abito che appese a una gruccia e rimase in sottoveste; poi sedette su una delle poltrone ai piedi del letto e si tolse le calze.
Nino vide le gambe nude della zia; lei si toglieva le calze con molta naturalezza senza curarsi del ragazzo; intanto la leggera sottoveste le scivolava indietro scoprendo le cosce.
"Apri prima quella più piccola," disse lei.
Nino apri la valigia.
"Che debbo fare?" chiese respirando il profumo della zia Cettina che si levava dagli indumenti ripiegati dentro.
"Guarda a destra, ci debbono essere un paio di pantofoline."
Nino cercò trovò le pantofoline chiuse in un sacchetto di stoffa a fiorellini.
"Eccole."
"Passamele per favore."
Il ragazzo si avvicinò alla zia che era sempre seduta sulla poltrona e le porse le pantofoline.
Cettina le sfilò dal sacchetto e le calzò lentamente mettendo ogni volta una gamba sull'altra e scoprendo in quel movimento le cosce fino in fondo; poi si alzò. Sotto la stoffa leggera della sottoveste si indovinava il suo corpo saldo che si muoveva con indolenza.
"Quel vino mi è andato in testa," disse con un sorriso dolce. "Aiutami a tirar fuori la roba dalla valigia"
Cettina si curvò sulla valigia accanto al ragazzo che sentiva contro il suo braccio che usciva dalla maglietta a mezze maniche il braccio nudo di lei caldo e liscio; subito il ricordo di quel pomeriggio del marzo scorso nella casa di via Montesano gli tornò in mente coi suoi vivi e indimenticabili particolari.
Via via che tirava fuori la roba dalla valigia Cettina la passava al nipote indicandogli i cassetti dove doveva metterla. Poi volle invertire le parti: Nino prendeva la roba dalla valigia e lei la sistemava nell'armadio e nei cassetti.
Venne fuori il vestito da caccia dello zio Biagio il marito di Cettina; Nino lo porse alla zia con un senso di avversione per quell'indumento che odorava sfacciatamente di uomo. Cettina appese la pesante giacca con toppe di cuoio ai gomiti a una gruccia sopra un paio di pantaloni di erto fustagno. Nino provava uno strano senso di gelosia per l'intimità che il marito doveva avere con lei. Questo sentimento si ripeteva a tutti gli indumenti maschili che venivano fuori dalla valigia.
Ad un certo punto la zia interruppe l'operazione.
Un bellisimo novembre
Ercole Patti
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