ed è mio il silenzio, mia questa paura,
ed è mio il silenzio, mia questa paura,
tu non tremi, tu ti offri, ti esponi
a questo aspettare, a labbra aperte
sempre più mio il taglio, sempre più pura
la ferita si allarga, non è violenta
la voglio così, la voglio tutta,
portala come un ricamo di sangue
come la luce stampata sui balconi:
e poi saranno gli altri a contarci, a dire
che bastava guardarsi, aver taciuto
nel momento esatto, fermi a ripetere
mentalmente il canto, l’elenco dei vivi:
ma tu ti muovi, non lasci scampo, offri
tutto con un solo gesto, senza rete
provi ogni passo, tenti ogni cosa e ancora
è mio il silenzio, è mia questa paura.
Italo Testa (Castell’Arquato, 1972),
da La divisione della gioia (Transeuropa, 2010)
ed è mio il silenzio, mia questa paura,
tu non tremi, tu ti offri, ti esponi
a questo aspettare, a labbra aperte
sempre più mio il taglio, sempre più pura
la ferita si allarga, non è violenta
la voglio così, la voglio tutta,
portala come un ricamo di sangue
come la luce stampata sui balconi:
e poi saranno gli altri a contarci, a dire
che bastava guardarsi, aver taciuto
nel momento esatto, fermi a ripetere
mentalmente il canto, l’elenco dei vivi:
ma tu ti muovi, non lasci scampo, offri
tutto con un solo gesto, senza rete
provi ogni passo, tenti ogni cosa e ancora
è mio il silenzio, è mia questa paura.
Italo Testa (Castell’Arquato, 1972),
da La divisione della gioia (Transeuropa, 2010)
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