mercoledì 2 settembre 2015

così come la fragilità dei fiori accresce la bellezza del ciliegio

La nostra carne è fragile: qualsiasi pezzo di materia in movimento può trafiggerla, lacerarla schiacciarla, oppure inceppare per sempre uno dei suoi congegni interni.
La nostra anima è vulnerabile, soggetta a depresioni immotivate, penosamente in balia di ogni genere di cose, e di esseri altrettanto fragili o capricciosi.
La nostra persona sociale, da cui dipende quasi il sentimento dell'esistenza, è costantemente e interamente esposta al caso.
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il centro stesso del nostro essere è legato alle sue tre parti con fibre tali da risentire delle ferite di ciascuna, anche se non gravi, fino a sanguinare. In particolare è come se ogni cosa che sminuisce o distrugge il nostro prestigio sociale, il nostro diritto alla considerazione altrui alterasse o sopprimesse la nostra stessa essenza: fino a questo punto abbiamo per sostanza l'illusione.
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Quando tutto va più o meno bene, non si pensa a questa fragilità quasi infinita. Ma nulla costringe a non pensarvi. La si può guardare di continuo, e ringraziarne continuamente Dio.
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Possiamo pensare a questa fragilità con amore e con riconoscenza in circostanze di grande o piccola sofferenza. Pensare ad essa in momenti pressochè indifferenti. Pensarvi in qualsiasi lieta occasione. Non dovremmo farlo, invece, se questo pensiero fosse di natura tale da turbare o sminuire la gioia. Ma non è così. La gioia acquisisce soltanto una dolcezza più penetrante e pungente, così come la fragilità dei fiori accresce la bellezza del ciliegio.
 
Simone Weil +++ citato da Eugenio Borgna, La fragilità che è in noi
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