«Voi avete avuto molte e grandi tristezze, che se ne sono andate. E dite che anche quel loro andarsene fu per voi difficile e irritante. Ma vi prego, riflettete se quelle grandi tristezze non siano piuttosto passate attraverso di voi. Se molto in voi non si sia trasformato, se in qualche parte, in qualche punto del vostro essere non vi siate mutato, mentre eravate triste.
Pericolose e maligne sono quelle tristezze soltanto che si portano tra la gente, per soverchiarle col rumore, come malattie, che vengano trattate superficialmente e in maniera sconsiderata, fanno solo un passo indietro e dopo una breve pausa erompono tanto piú paurosamente; e si raccolgono nell’intimo e sono vita, sono vita non vissuta, avvilita, perduta, di cui si può morire.
Ci fosse dato di veder piú oltre che non giunga il nostro sapere e un poco piú in là dei bastioni del nostro presentimento, forse allora sopporteremmo noi le nostre tristezze con maggior fiducia che le nostre gioie. Ché sono esse i momenti, in cui qualcosa di nuovo è entrato in noi, qualcosa di sconosciuto; i nostri sentimenti ammutoliscono in casta timidezza, tutto in noi indietreggia, sorge una calma, e il nuovo, che nessuno conosce, vi sta nel mezzo e tace»
Rainer Maria Rilke - lettera al sig kappus
citato da Eugenio Borgna "Parlarsi"