Sarei forse più sola
Senza la mia solitudine.
Sono abituata al mio destino.
Forse l’altra-la pace-
Potrebbe spezzare il buio
E riempire la stanza-
Troppo stretta per contenere
Il suo sacramento.
La speranza non mi è amica-
Come un’intrusa potrebbe
Profanare questo luogo di dolore-
Con la sua dolce corte.
Potrebbe essere più facile
Affondare - in vista della terra-
Che giungere alla mia limpida penisola
Per morire-di piacere.
Emily Dickinson
La solitudine non è l’isolamento.Senza la mia solitudine.
Sono abituata al mio destino.
Forse l’altra-la pace-
Potrebbe spezzare il buio
E riempire la stanza-
Troppo stretta per contenere
Il suo sacramento.
La speranza non mi è amica-
Come un’intrusa potrebbe
Profanare questo luogo di dolore-
Con la sua dolce corte.
Potrebbe essere più facile
Affondare - in vista della terra-
Che giungere alla mia limpida penisola
Per morire-di piacere.
Emily Dickinson
La solitudine è una condizione psicologica e umana nella quale ci si separa temporaneamente dal mondo delle persone e delle cose, dalle quotidiane occupazioni, per rientrare in noi stessi: nella nostra interiorità e nella nostra immaginazione; e questo senza smarrire mai il desiderio e la nostalgia delle relazioni con gli altri, con le persone che ci sono vicine, e con i compiti che la vita ci consegna. Certo, ci si può sentire, ed essere soli, non solo nel deserto ma anche in una grande folla.
L’isolamento è invece una condizione psicologica e sociale nella quali si è chiusi, e talora quasi imprigionati, in se stessi; sia perché ci si vuole allontanare da ogni contatto con gli altri sia perché la malattia ci induce a farlo sia perché sono gli altri ad allontanarsi da noi. C’è, cosí, un isolamento imposto, e non voluto, doloroso e nostalgico, un isolamento sociale, e c’è un isolamento che si sceglie sulla scia della propria indifferenza e del proprio egoismo, della propria aridità di cuore.
Le parole della solitudine.
La solitudine non può non essere analizzata nelle sue strutture fondamentali; e una di queste è l’apertura agli altri, la comunione, che la costituisce nella sua essenza radicale. Cosí, la solitudine è una verità dimenticata della comunicazione; nel senso che non c’è comunicazione autentica senza la presenza di una solitudine interiore: di una riflessione palpitante di vita che dia ali alle parole, e le riempia di silenzio, e di contemplazione. La solitudine nasce dalla interiorità e dalla soggettività di ciascuno di noi; ed è, in fondo, uno stato dell’anima che si costituisce come il momento diastolico della vita. La solitudine non è solo desiderio di relazione, nostalgia acuta di relazione, ma è anche dimensione costitutiva di ogni relazione che intenda fondarsi sull’alterità e sulla comunione. (Ovviamente, non sto parlando di una comunicazione leggera e banale, quotidiana e anonima, ma di una comunicazione esistenziale).
La solitudine e il silenzio sono esperienze interiori che aiutano a vivere meglio la vita di ogni giorno; facendoci distinguere le cose essenziali da quelle che non lo sono, e che siamo non di rado tentati di sopravvalutare nel loro significato. Certo, rientrando nella nostra vita interiore, nella solitudine e nel silenzio, avvertiamo l’importanza della riflessione e della meditazione, della generosità e della carità, delle attese e delle speranze, alle quali ispirare i nostri pensieri e le nostre azioni. Solo cosí ci sarà possibile sfuggire al richiamo della noncuranza e della indifferenza, dell’egoismo e della mancanza di amore, che non ci consentono di realizzare i valori autentici della vita: quelli della donazione e della comunione, della partecipazione al destino degli altri e della immedesimazione nella sofferenza, e nella gioia, degli altri. Sono valori che si riconoscono nei loro orizzonti di senso solo se riusciamo a isolarci temporaneamente dal mondo, e a rientrare nel cuore di una solitudine che sia solitudine creatrice: solitudine aperta al mondo.
Eugenio Borgna ** Parlarsi