Eugenio Montale
La tua irrequietudine mi fa pensare
agli uccelli di passo che urtano ai fari
nelle sere tempestose:
è una tempesta anche la tua dolcezza,
turbina e non appare.
E i suoi riposi sono anche più rari.
Non so come stremata tu resisti
in questo lago
d'indifferenza ch'è il tuo cuore; forse
DORA MARKUS 1 Fu dove il ponte di legno mette a Porto Corsini sul mare alto e rari uomini, quasi immoti, affondano o salpano le reti. Con un segno della mano additavi all'altra sponda invisibile la tua patria vera. Poi seguimmo il canale fino alla darsena della città, lucida di fuliggine, nella bassura dove s'affondava una primavera inerte, senza memoria. E qui dove un'antica vita si screzia in una dolce ansietà d'Oriente, le tue parole iridavano come le scaglie della triglia moribonda. La tua irrequietudine mi fa pensare agli uccelli di passo che urtano ai fari nelle sere tempestose: è una tempesta anche la tua dolcezza, turbina e non appare. E i suoi riposi sono anche più rari. Non so come stremata tu resisti in questo lago d'indifferenza ch'è il tuo cuore; forse ti salva un amuleto che tu tieni vicino alla matita delle labbra, al piumino, alla lima: un topo bianco d'avorio; e così esisti! 2 Ormai nella tua Carinzia di mirti fioriti e di stagni, china sul bordo sorvegli la carpa che timida abbocca o segui sui tigli, tra gl'irti pinnacoli le accensioni del vespro e nell'acque un avvampo di tende da scali e pensioni. La sera che si protende sull'umida conca non porta col palpito dei motori che gemiti d'oche e un interno di nivee maioliche dice allo specchio annerito che ti vide diversa una storia di errori imperturbati e la incide dove la spugna non giunge. La tua leggenda, Dora! Ma è scritta già in quegli sguardi di uomini che hanno fedine altere e deboli in grandi ritratti d'oro e ritorna ad ogni accordo che esprime l'armonica guasta nell'ora che abbuia, sempre più tardi. È scritta là. Il sempreverde alloro per la cucina resiste, la voce non muta, Ravenna è lontana, distilla veleno una fede feroce. Che vuole da te? Non si cede voce, leggenda o destino. Ma è tardi, sempre più tardi.
Eugenio Montale
Poesia inserita nella prima sezione de Le Occasioni, ma nata dall’unione di un primo testo del 1928 (ispirato, su suggerimento di Bobi Bazlen dalla bellezza delle gambe di una ragazza moldava, di nome Dora Markus) e da una seconda parte composta nel 1939, nell’imminenza dello scoppio del secondo conflitto mondiale e della persecuzione nazista.
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