Roberto Bolaño
Distesi le gambe. Un'auto passò accanto a me suonando il clacson. La mandai al diavolo con un gesto. Forse non fu solo un gesto. Forse gridai vai a farti fottere e il guidatore mi vide o mi sentì. Ma questo, come quasi tutto in questa storia, è improbabile. Quando ci ripenso, poi, l'unica cosa che vedo è la mia immagine congelata nel suo specchietto retrovisore,
[...]
L'auto frenò qualche metro più avanti e rimase immobile. Nessuno scese, né mise la marcia indietro, non sentii più il clacson, ma la sua presenza sembrava gonfiare lo spazio che adesso in qualche modo condividevamo. Con prudenza, mi incamminai verso la direttrice. Lei tirò giù il finestrino e mi chiese cosa fosse successo. Aveva gli occhi più sporgenti che mai. Le dissi che non lo sapevo. È un uomo, disse lei, e si mosse per spostarsi sul sedile del guidatore. Occupai il sedile che aveva lasciato libero. Era caldo e umido, come se la direttrice avesse la febbre. Attraverso il finestrino vidi la sagoma di un uomo, la nuca di qualcuno intento a fissare, come noi, la linea della strada che cominciava a serpeggiare verso le montagne
Puttane assassine ( Gómez Palacio )
Roberto Bolaño
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