Impatient of the fewest words (dialogo tra Emily e Paul) In piedi, sulla soglia, il mio occhio nella tua mano, la tua lingua sul mio orecchio: così ci conosciamo, toccandoci, perché la pupilla è sgranata per lo sforzo, le papille come scartavetrate. Se l’asse cede, se la voce affonda, c’è qui, nell’aria, la parola-ramo che ci tiene. Elisa Biagini
L’opera di Elisa Biagini, che da ormai un ventennio si è ritagliata un ruolo di primo piano nel panorama della letteratura italiana contemporanea – Da una crepa è la terza raccolta pubblicata per Einaudi dopo L’ospite (2004) e Nel bosco (2007), ma il suo esordio risale al novembre 1993 con Questi nodi – ruota in gran parte attorno al tema del corpo, di un corpo che pensa e agisce se stesso a partire dai dati primi della sua fisicità. Parafrasando Antonio Prete, che per Giacomo Leopardi ha coniato la celebre formula del «pensiero poetante», potremmo parlare per Biagini di una sorta di “corporalità poetante”, ovvero di un progetto permanente di comprensione dell’io e del mondo che passa per un confronto serrato con le verità fisiologiche più intime ed essenziali.
I suoi versi infatti instaurano uno scenario dove il pensiero non è abolito, ma viene chiamato a misurarsi con il non-sapere di un corpo ignorante e sordo, eppure da ascoltare in quanto unica possibile fonte di percezione (non siamo distanti dall’idea lacaniana di «ignoranza come passione»). Decisivo risulta in tal senso il tentativo di interpretarsi cercando di sbrogliare la matassa dei nessi che legano la corporeità, il nostro essere-corpo, con i molteplici livelli emotivi, sociali, politici attraverso cui l’individualità si determina e stabilisce la propria posizione nel mondo: nel che è ravvisabile una profonda sintonia tra l’opera di Biagini e quella di molte fra le migliori esperienze della poesia e dell’arte contemporanee (penso ad esempio ad artiste visive di rilievo internazionale come Kiki Smith e Mona Hatoum).
[...] Doppiozero
I suoi versi infatti instaurano uno scenario dove il pensiero non è abolito, ma viene chiamato a misurarsi con il non-sapere di un corpo ignorante e sordo, eppure da ascoltare in quanto unica possibile fonte di percezione (non siamo distanti dall’idea lacaniana di «ignoranza come passione»). Decisivo risulta in tal senso il tentativo di interpretarsi cercando di sbrogliare la matassa dei nessi che legano la corporeità, il nostro essere-corpo, con i molteplici livelli emotivi, sociali, politici attraverso cui l’individualità si determina e stabilisce la propria posizione nel mondo: nel che è ravvisabile una profonda sintonia tra l’opera di Biagini e quella di molte fra le migliori esperienze della poesia e dell’arte contemporanee (penso ad esempio ad artiste visive di rilievo internazionale come Kiki Smith e Mona Hatoum).
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