lunedì 18 gennaio 2016

Non ci sono parole


Non ci sono parole Non ci sono parole Soltanto peli Nel mondo senza fogliame Dove i miei seni regnano. Non ci sono gesti Soltanto la mia pelle E le formiche che brulicano tra le mie gambe untuose Portano le maschere del silenzio lavorando. Piomba la notte la tua estasi E il mio corpo profondo questo polipo spensierato Ingoia il tuo sesso agitato Durante la sua nascita. Joyce Mansour (1928 – 1986) da Grida, (1953), traduzione di Mauro Conti
La sua passione ardente è un urlo dei propri desideri fatti versi: versi carnali che la fanno fiorire di lussuria, parafrasando il titolo di una delle sue raccolte in formato plaquette ‘Fiorita come la lussuria’. Il suo grido, rivendica tutta la sua indignazione nei confronti degli amori disattesi, di coloro che l’hanno ferita “Degli uomini che non hanno voluto saperne di me” mentre lei, diveniva “vittima” sacrificale donando tutta se stessa, sentendosi svuotare nell’anima:
L'ombra delle parolelink esterno

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