mercoledì 7 dicembre 2016

Ho voglia di allargare le gambe e voglio......

Jonathan Safran Foer
«Okay» disse lei. «Mi sto tenendo dentro qualcosa. Qualcosa di proprio difficile.»
«Ottimo.»
«Ma non credo di essere abbastanza evoluta da condividerlo.»
«Come dicevano i dinosauri.»
Julia si premette un cuscino in faccia e chiuse le gambe a forbice.
«Sono solo io» disse lui.
«Okay» fece lei con un sospiro. «Okay. Bene. Sdraiata qui, fumata, tutti e due nudi, mi è venuta una voglia.»
D’istinto lui le allungò una mano tra le gambe e la trovò già tutta bagnata.
«Dimmela» le disse.
«Non posso.»
«Scommetto che puoi.»
Lei rise.
«Chiudi gli occhi» disse lui. «Sarà più facile.»
Lei chiuse gli occhi.
«No» disse lei. «Non è più facile. Magari se tu chiudi i tuoi?»
Lui chiuse gli occhi.
«Mi è presa questa voglia. Non so da dove mi venga. Non so perché ce l’ho.»
«Ma ce l’hai.»
«Sì.»
«Dimmela.»
«Mi è presa voglia.» Rise di nuovo e gli incastrò la faccia nell’incavo dell’ascella. «Ho voglia di allargare le gambe e voglio che tu metta la testa lì in mezzo e mi guardi finché vengo.»
«Solo guardarla?»
«Niente dita. Niente lingua. Voglio che mi fai venire con gli occhi.»
«Apri gli occhi.»
«E tu apri i tuoi.»
Jacob non disse una parola e non emise suono. Con una certa forza, ma non troppa, la fece rotolare sulla pancia. Intuiva che quello che lei voleva c’entrava con l’impossibilità di vedere lui che la guardava, con la rinuncia a quell’ultima misura di sicurezza. Lei gemette, facendogli capire che aveva ragione. Lui fece scivolare il proprio corpo lungo il corpo di lei. Le divaricò le gambe, gliele fece allargare ancora. Le infilò la faccia in mezzo così vicina da sentire il suo odore.
«Mi stai guardando?»
«Ti guardo.»
«Ti piace quello che vedi?»
«Voglio quello che vedo.»
«Ma non puoi toccarla.»
«Non la toccherò.»
«Ma puoi accarezzarti mentre mi guardi.»
«Lo sto facendo.»
«Ti vuoi scopare quello che vedi.»
«Certo.»
«Ma non puoi.»
«No.»
«Vorresti sentire quanto sono bagnata.»
«Certo.»
«Ma non puoi.»
«Ma lo vedo.»
«Ma non puoi vedere quanto mi si stringe quando sto per venire.»
«Non posso.»
«Dimmi come sono e vengo.» Vennero insieme, senza toccarsi, e poteva finire lì. Lei avrebbe potuto rotolare sul fianco, appoggiargli la testa sul petto. Si sarebbero potuti addormentare. Ma accadde qualcosa: lei lo fissò, sostenne il suo sguardo e chiuse di nuovo gli occhi. Jacob chiuse gli occhi. E poteva finire lì. Avrebbero potuto esplorarsi a vicenda nel letto, ma Julia si alzò ed esplorò la stanza. Jacob non lo sapeva – capiva che non doveva aprire gli occhi – ma la sentiva. Senza dire niente, si alzò anche lui. Toccarono tutti e due la panchetta ai piedi del letto, la scrivania e la tazza con le penne dentro, i fiocchi sui nastri che legavano le tende. Lui toccò lo spioncino, lei toccò la manopola che controllava il ventilatore al soffitto, lui premette il palmo sul top tiepido del minifrigo.
Julia disse: «Tu hai senso per me».
Jacob disse: «E tu per me».
Lei disse: «Ti amo tanto, Jacob. Ma per piacere, di’ solo ‘lo so’».

    Jonathan Safran Foer
Eccomi

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