Jonathan Safran Foer
«Qual è l’ultima cosa che ti sei tenuto dentro?»
Lui ci pensò. Lo spinello gli rendeva più difficile pensare, ma più facile condividere i pensieri.
«Okay» disse. «È una cosa piccola.»
«Le voglio tutte.»
«Okay. L’altro giorno eravamo a casa. Mercoledì, forse. E io ti ho preparato la colazione. Ti ricordi? La frittata con il caprino.»
«Sì» disse lei, mettendogli una mano sulla coscia, «è stato bello.»
«Ti ho lasciato dormire e senza fare rumore ti ho preparato la colazione.»
Lei espirò una colonna di fumo che mantenne la forma più di quanto sembrasse plausibile e disse: «Potrei mangiarmene una montagna, in questo momento».
«Te l’avevo preparata perché volevo fare una cosa carina per te.»
«L’ho capito» disse lei, mentre con la mano gli risaliva la coscia, facendoglielo venire duro.
«E ti avevo messo tutto bene nel piatto. Con l’insalata vicino.»
«Come al ristorante» disse lei, prendendoglielo in mano.
«E dopo il primo boccone...»
«Sì?»
«C’è un motivo per cui la gente si tiene dentro le cose.»
«Noi non siamo la gente.»
«Okay. Va bene, dopo il primo boccone, invece di ringraziarmi o di dirmi che era squisita, mi hai chiesto se ci avevo messo il sale.»
«E allora?» chiese lei, muovendo la mano su e giù.
«E allora ci sono rimasto di merda.»
«Perché ti ho chiesto se ci avevi messo il sale?»
«Forse non rimasto di merda. Mi ha irritato. Deluso. Qualunque cosa abbia provato, non te l’ho detta.»
[...]
«Potrei già venire.»
«Allora vieni.»
«Non voglio ancora venire.»
Lei rallentò, rallentò fino a una stretta ferma.
Jonathan Safran Foer
Lui ci pensò. Lo spinello gli rendeva più difficile pensare, ma più facile condividere i pensieri.
«Okay» disse. «È una cosa piccola.»
«Le voglio tutte.»
«Okay. L’altro giorno eravamo a casa. Mercoledì, forse. E io ti ho preparato la colazione. Ti ricordi? La frittata con il caprino.»
«Sì» disse lei, mettendogli una mano sulla coscia, «è stato bello.»
«Ti ho lasciato dormire e senza fare rumore ti ho preparato la colazione.»
Lei espirò una colonna di fumo che mantenne la forma più di quanto sembrasse plausibile e disse: «Potrei mangiarmene una montagna, in questo momento».
«Te l’avevo preparata perché volevo fare una cosa carina per te.»
«L’ho capito» disse lei, mentre con la mano gli risaliva la coscia, facendoglielo venire duro.
«E ti avevo messo tutto bene nel piatto. Con l’insalata vicino.»
«Come al ristorante» disse lei, prendendoglielo in mano.
«E dopo il primo boccone...»
«Sì?»
«C’è un motivo per cui la gente si tiene dentro le cose.»
«Noi non siamo la gente.»
«Okay. Va bene, dopo il primo boccone, invece di ringraziarmi o di dirmi che era squisita, mi hai chiesto se ci avevo messo il sale.»
«E allora?» chiese lei, muovendo la mano su e giù.
«E allora ci sono rimasto di merda.»
«Perché ti ho chiesto se ci avevi messo il sale?»
«Forse non rimasto di merda. Mi ha irritato. Deluso. Qualunque cosa abbia provato, non te l’ho detta.»
[...]
«Potrei già venire.»
«Allora vieni.»
«Non voglio ancora venire.»
Lei rallentò, rallentò fino a una stretta ferma.
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