venerdì 30 ottobre 2015

felicità





la serenità.... è il modo più consueto della felicità, che corrisponde all'essere in perfetta sintonia con l'ambiente circostante
 
Nell'esperienza culminante nella felicità, si è soliti dire che si " può toccare il cielo con un dito" perché cade il tempo. E allora la caratteristica della felicità è di farci sentire infiniti, perché il tempo stesso è come sospeso.
 
Quando noi siamo presi nel vortice della felicità, noi dimentichiamo il tempo. E' questa la dimensione di incanto descritta dal Bacio di Klimt, il guardarsi negli occhi degli innamorati, che dura un'eternità.
 
nella dimensione dell'attimo cade l'esperienza del tempo. Ci si sente divini. Quando gli antichi greci affermavano che gli dei fossero felici, la parola che essi usavano era reia zoontes, cioè vivono scorrendo (rei vuol dire "scorrere"), ossia senza ostacolo. Il tempo fluisce in un modo così uniforme da non permettere la percezione del suo continuo spezzarsi. Ecco perché il tempo, psicologicamente, si allarga. Perché esso è continuo, in esso non c'è elemento di rottura. Ecco nella effusività, nel "grande abbraccio" con l'universo circostante il tempo si ferma. E' il tempo ad introdurre la caduta. Baruch Spinoza, un grande filosofo, ebreo olandese, affermò: poiché in variatione vivimus, poiché "noi viviamo nella variazione", ci sentiamo più o meno felici a secondo che cresciamo o diminuiamo. Ne segue che il tempo, di per sé, non produce infelicità, ma può cambiare la natura dell'essere felici. E allora si passa dalla immagine del Bacio di Klimt, ossia l'estasi dell'istante, all'immagine del lievito sulla madia, che lievita gradualmente. Nel tempo tutti i momenti devono essere funzionali alla crescita, al conquistare il tempo col tempo.
 
Quando io dico "sentimento della propria illimitata espansione", intendo riferirmi non ad un incontro di un ostacolo nell'alterità, bensì ad una vera e propria partnership. Perché, se per espansione si intende l'espansione del sé che divora tutto ciò che è circostante, allora, in quel caso, noi non troveremmo la felicità, rischieremmo di trovare il deserto causato dalla nostra voracità. Negli esiti della voracità non può esserci felicità. Si ha, come nel caso della lupa dantesca, "più fame che pria". Ecco perché lo sviluppo incondizionato del desiderio lascia sempre affamati. l'espansione della felicità va intesa tenendo presente che ciò verso cui mi muovo mi viene, nel contempo, incontro. Questa è la reale dimensione della fusione; Ecco perché la felicità si sviluppa fondamentalmente (si pensi alla figura dell'abbraccio) nella accoglienza dell'altro, non nel divorare l'altro, e quindi nel crescere insieme. Se non sussistesse questa dimensione di crescita condivisa, allora, da questo punto di vista, si arriverebbe costantemente alla delusione. Per cui bisogna intendere l'espandersi della felicità in questa forma di comandamento: non mangiare ciò che ti circonda, ma entra in sintonia con ciò che vi è presente.
 
Salvatore Natoli


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