sabato 24 ottobre 2015

possa il suo sonno Ch’è duraturo essere profondo!



LA DORMIENTE (1831) A mezzanotte, nel mese di giugno Sotto una luna mistica. Vapori oppiati, oscuri, rugiadosi Svaporando dal suo aureo confine E gocciolando molli, goccia a goccia, Sopra la vetta placida del monte Scendono pigri e in toni musicali Giù verso la vallata universale. Sopra la tomba ammicca il rosmarino; Il giglio ondeggia sopra la corrente. Avvolgendo la nebbia attorno al petto La rovina si sgretola assopita; Guarda, simile al Lete! Il lago Pare si voglia abbandonare al sonno E non svegliarsi più per nulla al mondo. E dorme ogni Bellezza! – ed ora guarda Irene e i suoi Destini! Oh dama risplendente! Sarà mai bene Questa finestra aperta sulla notte? Brezze impudiche, dalle cime degli alberi Scivolano dentro ridendo dalla grata – Le brezze senza corpo, un tumulto immagato, Vanno e vengono lievi dalla stanza Agitando la tenda a baldacchino Così brusche – così terrificanti – Sulle palpebre chiuse e sulle ciglia Che nascondono l’anima assopita, Che come spettri s’allungano le ombre Sul pavimento e lungo la parete! Oh cara dama, non hai tu paura? Perché e che cosa stai tu qui sognando? Tu certo vieni da lontani mari A stupire le piante del giardino! Strano il pallore e strana la tua veste! Ma ancor più strane le tue lunghe trecce E l’assoluto di questo silenzio! Dorme la dama! Oh possa il suo riposo Ch’è persistente essere profondo! E l’abbia il Cielo nel suo sacro abbraccio! In una stanza più sacra di questa Ed in un letto di questo più mesto Io prego Iddio che lei possa giacere Per sempre ad occhi eternamente chiusi Mentre pallidi spettri avvolti da sudari Vanno d’attorno! Dorme il mio amore! Oh, possa il suo sonno Ch’è duraturo essere profondo! E lievi i vermi le striscino dintorno! Nella selva lontana, antica e oscura, Possa un sepolcro per lei aprir le braccia – Un sepolcro che spesso abbia richiuso Le ali sue nere ed ondeggianti, Trionfante, sulle stemmate insegne Delle esequie dei suoi nobili avi – Qualche remoto sepolcro, solitario Contro il cui ingresso abbia – da bambina – Lanciato sassi per divertimento – Qualche sepolcro alla cui porta echeggiante Mai più un’eco lei possa sottrarre, Eccitata al pensiero – oh povera figliola del peccato! Che quello fosse il gemito dei morti. Edgar Allan Poe (C) 2013 by Francesca Diano THE SLEEPER At midnight, in the month of June, I stand beneath the mystic moon. An opiate vapor, dewy, dim, Exhales from out her golden rim, And, softly dripping, drop by drop, Upon the quiet mountain top, Steals drowsily and musically Into the universal valley. The rosemary nods upon the grave; The lily lolls upon the wave; Wrapping the fog about its breast, The ruin molders into rest; Looking like Lethe, see! the lake A conscious slumber seems to take, And would not, for the world, awake. All Beauty sleeps!- and lo! where lies Irene, with her Destinies! O, lady bright! can it be right- This window open to the night? The wanton airs, from the tree-top, Laughingly through the lattice drop- The bodiless airs, a wizard rout, Flit through thy chamber in and out, And wave the curtain canopy So fitfully- so fearfully- Above the closed and fringed lid ‘Neath which thy slumb’ring soul lies hid, That, o’er the floor and down the wall, Like ghosts the shadows rise and fall! Oh, lady dear, hast thou no fear? Why and what art thou dreaming here? Sure thou art come O’er far-off seas, A wonder to these garden trees! Strange is thy pallor! strange thy dress, Strange, above all, thy length of tress, And this all solemn silentness! The lady sleeps! Oh, may her sleep, Which is enduring, so be deep! Heaven have her in its sacred keep! This chamber changed for one more holy, This bed for one more melancholy, I pray to God that she may lie For ever with unopened eye, While the pale sheeted ghosts go by! My love, she sleeps! Oh, may her sleep As it is lasting, so be deep! Soft may the worms about her creep! Far in the forest, dim and old, For her may some tall vault unfold- Some vault that oft has flung its black And winged panels fluttering back, Triumphant, o’er the crested palls, Of her grand family funerals- Some sepulchre, remote, alone, Against whose portal she hath thrown, In childhood, many an idle stone- Some tomb from out whose sounding door She ne’er shall force an echo more, Thrilling to think, poor child of sin! It was the dead who groaned within. Edgar Allan Poe
Il tuo corpo pluviale sapore di guayaba tropicale avvolgeva i miei sensi - io naufragavo nel tuo petto G.


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