Questa era la sua vocazione: attendere sempre di cominciare,
restando fuori dalla realtà, come se l’inizio delle cose
non facesse parte di questa, non dipendesse da noi (S. Satta, Il giorno del giudizio)
«Vi sono rappresentazioni alle quali è collegato
uno stato affettivo di attesa; queste sono di due tipi:
rappresentazioni del tipo “io farò questo o quello,
e rappresentazioni del tipo “mi accadrà questo o quello”
S. Freud
l’angoscia ha un’innegabile connessione con l’attesa:
è angoscia prima di e dinanzi a qualche cosa.
Possiede un carattere di indeterminatezza e di mancanza d’oggetto;
nel parlare comune, quando essa ha trovato un oggetto, le si cambia nome,
sostituendolo con quello di paura»....
«L’angoscia nevrotica è angoscia di fronte a un pericolo che non conosciamo.
Il pericolo nevrotico è dunque un pericolo ancora da scoprire;
l’analisi ci ha insegnato che esso è un pericolo pulsionale»
S. Freud
----l’attesa si trasforma in uno degli stati più caratteristici dell’uomo nella città moderna, emblema della sua solitudine, della sua povertà di esperienza; è la condizione di quanti, confusi nella folla, nella massa metropolitana, sentono di non avere più la forza per determinare mediante la volontà il proprio destino individuale, ma si abbandonano invece a una sorta di fatalismo, di accettazione indiscriminata della quotidianità del vivere: basta aspettare e qualcosa capiterà comunque, “mi accadrà questo o quello”.
la condizione di attesa è tipica dell’uomo che si è trovato a dovere sacrificare le originarie richieste del principio di piacere agli obblighi che la società ha assunto in suo nome in vista dell’affermazione sempre più perentoria del principio di realtà. L’attesa è l’altra faccia, quella in ombra, della fretta, dell’agitazione, dell’improcrastinabilità con la quale la moderna civiltà tecnologica richiede che tutto si adegui ai ritmi incredibilmente accelerati del suo dominio;
Arrigo Stara
proponimenti e attese
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