Finché all’improvviso una schiena retrocedette, o fu spinta, verso una delle finestre, entrando cosí nel mio campo visivo. ...
Tenni lo sguardo fisso su quel punto, su quel rettangolo e non ci volle molto perché la schiena ricomparisse, e in effetti era come se la persona cui apparteneva fosse stata gettata contro i vetri con una certa violenza. Se era cosí, quello che non riuscivo a vedere era la persona che la costringeva a retrocedere, spingendola all’indietro. Mi allarmai, temetti che qualcuno la stesse maltrattando.....
mi resi conto che non riuscivo a staccare gli occhi per un secondo da quella finestra, dalla schiena di Beatriz che sbatteva piú forte contro i vetri, vi aderiva al massimo e poi se ne staccava leggermente, adesso non sfuggiva piú al mio campo visivo, come se non le lasciassero scampo e non le permettessero di fare un passo. «Forse la stanno picchiando, – pensai, – o spintonando, e a ogni spinta la schiacciano contro il davanzale, la mettono nell’angolo, alle corde come un pugile». Stavo per gridare e farmi scoprire, ma non so se mi avrebbe sentito.....
Ero stato vittima della mia ingenuità, per perderla ci vogliono molti piú anni di quelli che avevo allora, ammesso che arriviamo mai a perderla del tutto, noi che siamo di indole fiduciosa. Dopo un attimo capii che cosa stava succedendo: qualcuno – un uomo – se la stava scopando o le si strofinava e premeva contro già pronto a penetrarla, in piedi, senza preliminari, vestita, forse senza toglierle un solo indumento, alla svelta o alla disperata, come si suol dire, di certo avevano pochissimo tempo prima che tornassero i custodi del tempio, approfittavano di un momento in cui sapevano che il luogo per qualche motivo era deserto. Vedevo la schiena di Beatriz dalla vita in su, o nemmeno quello, la parte superiore del torso e la nuca ottocentesca, quel giorno portava i capelli raccolti a chignon. L’energumeno che la abbrancava o la infilzava – un verbo che non mi piace, ma che può essere quello giusto – era piú lontano dalla finestra, ovviamente, e inoltre lei con la sua corporatura robusta lo nascondeva, era un po’ larga di spalle, meno che di fianchi, per fortuna. Lui era invisibile, un fantasma, non se ne scorgeva nulla, neppure un capello. Ma non ebbi piú alcun dubbio circa quello che succedeva quando Beatriz a un tratto si girò e si chinò in avanti, mi parve che le sue mani si appoggiassero al bordo inferiore della finestra o forse al davanzale, o vi si aggrappassero. Invece delle spalle e della nuca, le vidi il volto, ora solamente il volto e il collo, del corpo nulla, e mi presi un terribile spavento: cosí come io da sotto la vedevo, lei poteva vedere me da sopra.
Beatriz aveva gli occhi chiusi, ben stretti, non guardava fuori né altrove, era assorta in se stessa, pensai, nelle sue sensazioni. Immaginai che l’uomo, facendola girare, le avesse alzato la gonna – ora non piú ondeggiante, se non forse in un altro senso – e le avesse abbassato calze e mutandine fino a mezza coscia per penetrarla con un minimo di comodità, data la scomodità relativa della posizione eretta di entrambi, soprattutto di lui, perché lei doveva essersi piegata
Fui assalito da un senso di pudore, pur sapendomi abbastanza al riparo dietro il tronco, ne sporgevo appena, guardando con un occhio solo. Non era piú il timore di essere scoperto, ma il senso di colpa per quello spionaggio e per l’essermi trovato a vedere quello che stavo vedendo: la faccia di Beatriz durante quello che immaginavo fosse un orgasmo, o piú di uno, o che ne so, un preorgasmo, non sono mai stato molto bravo a distinguerli, le donne tendono alla concatenazione e non sono quasi mai nitide, e poi si dice che fingano benissimo, per di piú non vedevo altro che il volto isolato, incollato al vetro, come uno strano ritratto con gli occhi molto serrati, non credo ne esistano nella storia della pittura – quando viene dipinto o disegnato un dormiente o un morto le palpebre non fanno pressione, sono in riposo –, non potevo scorgere l’eventuale accelerazione dei movimenti né il probabile agitarsi e fremere delle membra, né ovviamente udire nulla, né un gemito né un ansito né una parola, ammesso che lei ne pronunciasse – non sembrava –, in quei frangenti ci sono persone che parlano e si incitano, o addirittura dicono oscenità poco credibili rischiando di riuscire ridicoli o fastidiosi, come se recitassero per il loro testimone unico o per se stessi, alcuni dicono frasi scherzose, ma ce ne sono che si concentrano e tacciono. E poi ci sono quelli che chiudono gli occhi ben stretti per aiutarsi a immaginare di essere con un’altra persona, diversa da quella che li abbraccia o li tiene fermi o li fruga, mi domandai se fosse cosí, se Beatriz fantasticasse in quegli istanti su Muriel lo schivo o se avesse ben chiara e presente l’identità dell’individuo con cui si stava accoppiando, nulla doveva esserci tra i loro sessi, a quei tempi non si prendevano precauzioni, l’Aids in Spagna non era ancora conosciuta, forse nemmeno nel mondo.
Sí, provai vergogna però guardai a lungo il volto dietro la finestra, in certi momenti quasi premuto contro il vetro – un alone di vapore –, a volte è difficile determinare da che cosa dipenda l’espressione di una donna mentre la stai penetrando, si presume che sia di piacere ma può sembrare di dolore (ti fermi e scruti e domandi: «Stai bene? Ti faccio male?»), o perfino di disperazione o profonda sofferenza o amarezza, a volte ho sospettato che una donna stesse con
me in quella circostanza cosí intima solo per mitigare la sua tristezza, o per vendicarsi di un altro che non l’avrebbe mai saputo (pensando curiosamente «Se lo sapesse», invece che «Quando lo saprà», come se non vi fosse la minima possibilità di raccontarglielo), o per lenire la solitudine del suo letto afflitto, o perfino per svilirsi fino in fondo nell’immaginazione e sentirsi viscida e sozza e traditrice, momentaneamente, illusoriamente, dura pochissimo la sensazione del fango, svanisce in fretta, il giorno dopo non ne resta piú traccia e si è di nuovo puliti come prima, la pulizia è persistente, quasi tutto si può lavare. Talvolta ho sospettato di essere solo una macchina, una pedina, uno strumento. L’espressione di Beatriz poteva significare qualunque cosa e io non ero lí con lei, non potevo fermarmi e chiederle: «Stai bene? Ti faccio male?» Perché non ero io quello che glielo faceva, ammesso che gliene stesse facendo..........
Javier Marias *** Così ha inizio il male